Per effetto delle disposizioni fiscali contenute nella Legge di Stabilità 2015, le fatture emesse dal 1° gennaio 2015 nei confronti del GSE per cessione energia elettrica e certificati inerenti l’energia elettrica sono assoggettate al regime di “reverse charge” fino al 31 dicembre 2018.
Il reverse charge riguarda le "cessioni di gas e di energia elettrica a un soggetto passivo rivenditore", nonché le operazioni inerenti "certificati relativi al gas e all'energia elettrica”. Il regime di inversione contabile prevede che l'Iva non viene più esposta in fattura dal cedente, ma versata direttamente dall’acquirente. Il regime interessa lo scambio sul posto, i certificati verdi, il ritiro dedicato e i trasferimenti di quote di emissione.
Sulla tariffa incentivante in conto energia non veniva già aggiunta l’Iva in quanto si tratta di un contributo a fondo perduto reso in assenza di controprestazione.
DUBBI SULLA NUOVA NORMA. La nuova norma “pone dei dubbi”, evidenziano su Quotidiano Energia Pietro Bracco e Ottavia Orlandoni dello Studio Legale e Tributari Puri, Bracco, Lenzi e Associati, che auspicano “un pronto e puntuale intervento chiarificatore dell'Agenzia delle entrate”.
Su energia elettrica e gas la principale difficoltà del meccanismo del reverse charge è costituita dall'individuazione dei “soggetti passivi rivenditori”, e sulle cessioni di certificati “non è possibile sottacere che la menzione ‘di certificati relativi al gas e all'energia elettrica’ può essere foriera di interpretazioni controverse. Ci riferiamo in particolare ai certificati verdi, alle garanzie di origine e ai cd. certificati bianchi”, spiegano i due legali. “Da un lato, infatti, la 'relazione' degli stessi con il gas e l'energia elettrica non appare di immediata evidenza, data la genericità della formulazione della norma: i certificati verdi, infatti, nascono dall'obbligo di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota di elettricità prodotta da impianti qualificati come impianti alimentati da fonti rinnovabili; le garanzie di origine costituiscono la prova della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili nel mix energetico di un cliente finale e i certificati bianchi rappresentano il conseguimento di risparmi energetici”.
SERVONO CHIARIMENTI DALL'AGENZIA DELLE ENTRATE. “Anche o, meglio, soprattutto in questo caso, però – osservano Bracco e Orlandoni -, la soluzione non può che essere ricercata avendo a riguardo non solo il dettato normativo ma la finalità della norma; sono proprio i certificati a essere stati oggetto di ingenti frodi Iva. Di talché, l'interpretazione che porta all'inclusione di tutti e 3 i certificati prima richiamati nell'ambito di applicazione della norma rispecchia pienamente lo spirito con cui il legislatore ha introdotto la normativa in questione, sia a livello comunitario, sia a livello nazionale. Tuttavia, non essendovi alcuna definizione normativa di certificati ‘relativi’ al gas e all'energia elettrica o alcun rimando alle normative da cui promanano i suddetti certificati, sarebbe opportuno – chiedono i due legali - che l'Agenzia delle entrate si esprimesse in merito il prima possibile, eliminando ogni incertezza interpretativa. Infatti, ove venisse applicato il meccanismo di reverse charge a fattispecie non ricomprese - in realtà - nell'ambito applicativo della norma, le sanzioni che potrebbero essere comminate alle parti coinvolte nella transazione risulterebbero particolarmente gravose”.