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Progettazione ingegneristica, i risultati di uno studio del CNI

In Italia l’incidenza della progettazione ingegneristica sul totale degli investimenti in costruzioni si attesta al 10,4%, mentre in Francia raggiunge il 24,6% e in Gran Bretagna quasi il 33%

martedì 20 gennaio 2015 - Redazione Build News

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La ripresa economica passa attraverso l’innovazione e gli investimenti, e tuttavia in Italia questi hanno registrato, nel settore delle costruzioni, dal 2008 al 2014, una flessione del 28%.

Simile andamento nel comparto Innovation Comunication Tecnology: dal 2008 al 2013 il calo registrato nella branca informatica e telecomunicazioni è stato dell’11,6%, in particolare per computer e software, dove si è arrivati al –29%. Mentre il Paese ha bisogno di infrastrutture, le risorse a disposizione crollano: - 8,5% nelle nuove abitazioni, - 3,5% in costruzioni non residenziali – 4,3% nelle opere pubbliche è l’andamento degli investimenti tra il 2013 ed il 2014.

Sono questi i risultati di uno studio realizzato dal Centro Studi del Cni che saranno presentati in occasione dell’Assemblea Nazionale della categoria, dal titolo “Ingegneri al lavoro. Crescita, innovazione, nuove tutele”, in programma domani 21 gennaio 2015 al Tempio di Adriano a Roma. 

RIPORTARE LA PROGETTAZIONE AL CENTRO DEGLI INVESTIMENTI. Gli ingegneri chiedono di tornare a mettere al centro degli investimenti la progettazione, come avviene nel resto dell’Europa. Mentre in Italia l’incidenza della progettazione ingegneristica sul totale degli investimenti in costruzioni si attesta al 10,4%, in Francia raggiunge il 24,6% ed in Gran Bretagna quasi il 33%. Sino ad ora un’occasione persa, anche perché, come spiega il presidente del Cni Armando Zambrano, “le attività di progettazione nel campo dell’ingegneria sono ad elevato valore aggiunto, in grado di innescare nuovi processi di crescita nel Paese: 100 euro di domanda aggiuntiva in servizi di progettazione nel campo dell’ingegneria e dell’architettura generano 210 euro di produzione nel resto del sistema economico, 100 euro di domanda aggiuntiva nel settore della progettazione in Ict ne generano circa 200”.

CRISI DI CONTESTO E NON DI VOCAZIONE. La crisi dell’ingegnere non è tuttavia una crisi di vocazione (oltre il 90% di un campione di ingegneri intervistati confermerebbe la scelta di studio e l’87,6% di chi ha scelto la libera professione ne apprezza le caratteristiche) piuttosto una crisi di contesto che non permette un proficuo esercizio dell’attività. A farne le spese, sottolinea il vice presidente vicario del Cni Fabio Bonfà, “soprattutto il lavoro autonomo, privo delle necessarie tutele ed operante in un contesto penalizzante” come dimostrano il nuovo regime forfettario che abbassa quello dei minimi portandolo da un reddito massimo di 30mila euro annui a 15mila, l’aumento di contributi in caso di gestione separata Inps per i professionisti senza cassa di previdenza, l’abolizione della Cassa Integrazione Guadagni in deroga per il personale dipendente degli studi professionali in difficoltà, l’impossibilità per gli studi professionali ad accedere allo sgravio contributivo per assunzioni a tempo indeterminato se non in relazione ai soli contratti attivati nel 2015.

GLI ALTRI OSTACOLI. Questo per quanto riguarda le difficoltà incontrate dai lavoratori autonomi, ma essendo particolarmente stretto il legame tra Paese e Ingegneria, la ricerca illustra come, secondo la categoria, esistano altri ostacoli in grado di bloccare la crescita: una pressione fiscale insostenibile, la bassa remunerazione dovuta a concorrenza senza regole e all’introduzione dei minimi tariffari, la difficoltà nel recuperare i crediti, specie se contratti per lavori svolti per la Pubblica Amministrazione, la presenza di regole farraginose e complesse per l’esercizio dell’attività lavorativa.

LE PROPOSTE DEGLI INGEGNERI. Che fare quindi? Gli ingegneri propongono di intervenire con una serie di azioni capaci, ad esempio, di rendere i costi della formazione professionale totalmente deducibili, di modificare le normative sui bandi di gara europei che spesso impediscono la partecipazione degli ingegneri liberi professionisti, di ripristinare la soglia del regime dei minimi a 30mila euro e di migliorare le norme sulle Società tra Professionisti - STP. “L’ingegneria italiana è sempre stata un volano della crescita, vuole continuare ad esserlo – dicono Zambrano e Bonfà – ma pretendiamo un contesto diverso, un diverso approccio alla politica del lavoro e nuove regole del mercato”. 

L’Assemblea Nazionale – ha dichiarato il presidente CNI Armando Zambrano - intende essere luogo di confronto con gli esponenti delle differenti forze politiche e con esperti sui temi dell’economia e del lavoro. Essa sarà l’occasione per elaborare un primo bilancio degli effetti innescati dalla riforma delle libere professioni e per proporre misure che possano migliorare le opportunità di crescita, soprattutto per il lavoro autonomo ed in particolare per quello professionale. Agevolazioni fiscali, ammortizzatori sociali, formazione continua, miglioramento delle nome relative alle Società Tra Professionisti, capacità degli Ordini degli ingegneri di rispondere ai continui mutamenti di scenario, sostegno ai giovani ingegneri, saranno le parole ed i temi-chiave del dibattito che l’Assemblea Nazionale intende incentivare. Rimettere al centro del dibattito il lavoro, ripensare il sistema di norme e regole soprattutto per le libere professioni, comprendere le criticità con cui gli ingegneri sono chiamati costantemente a confrontarsi ed esplicitare le loro aspirazioni – conclude Zambrano - può essere un modo per definire strumenti e percorsi che portino ad una fase di nuova crescita. Attraverso le proprie competenze, la forte propensione all’innovazione, la provata capacità di progettazione, l’ingegneria italiana è ancora oggi un segmento vitale del Paese e può tornare ad essere un forza trainante per la ripresa.

Investimenti, programmazione, progettazione e qualità – aggiunge il vicepresidente vicario del CNI, Fabio Bonfà - sono, a nostro modo di vedere, le leve per ritrovare la via della ripresa e della crescita. La categoria, gli Ordini territoriali ed il Consiglio Nazionale, dunque, in occasione della terza Assemblea Nazionale del Cni, chiedono al Parlamento ed al Governo di investire e sono almeno sei i settori su cui incentrare le risorse economiche a disposizione del Paese: serve un piano infrastrutturale in grado di individuare un giusto mix tra infrastrutture classiche e innovative che permettano al Paese di essere moderno, efficiente e competitivo, occorre dare seguito e realizzare realmente quanto previsto nei programmi di Agenda digitale per l’Italia, approntando in tempi credibili le infrastrutture e le architetture programmate; è necessario un programma organico, sostenuto con investimenti pubblici, per interventi finalizzati al risparmio energetico degli edifici, così come è urgente investire nella messa in sicurezza dei singoli territori dal rischio idraulico, per un valore stimato dalle stesse Regioni di 40 miliardi di euro; bisogna intervenire, con opportuni investimenti, nel campo della messa in sicurezza delle abitazioni dal rischio sismico; è fondamentale – conclude Bonfà - incentivare la predisposizione, pubblicazione e divulgazione degli Open Data delle pubbliche amministrazioni.

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