Il Tar del Lazio, con un'ordinanza depositata ieri ma non ancora pubblicata, ha sollevato dinanzi alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dello "spalma-incentivi" fotovoltaico, introdotto dall'articolo 26, comma 3 del decreto “Taglia-bollette” (decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 116).
L'ordinanza viene citata in una serie di sentenze non definitive depositate ieri presso la sezione 3-ter del Tar del Lazio, in cui il Tribunale dichiara ammissibile la domanda di accertamento del diritto a non esercitare nessuna delle opzioni dello "spalma incentivi" e a mantenere quindi inalterata la tariffa incentivante del Conto energia.
LE REGOLE CONTESTATE. Ricordiamo che la disciplina introdotta dal suddetto articolo 26 comma 3 prevede che “a decorrere dal 1º gennaio 2015, la tariffa incentivante per l’energia prodotta dagli impianti di potenza nominale superiore a 200 kW è rimodulata, a scelta dell’operatore, sulla base di una delle seguenti opzioni da comunicare al GSE entro il 30 novembre 2014:
a) la tariffa è erogata per un periodo di 24 anni, decorrente dall’entrata in esercizio degli impianti, ed è conseguentemente ricalcolata secondo la percentuale di riduzione indicata nella tabella di cui all’allegato 2 al presente decreto;
b) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è rimodulata prevedendo un primo periodo di fruizione di un incentivo ridotto rispetto all’attuale e un secondo periodo di fruizione di un incentivo incrementato in ugual misura. Le percentuali di rimodulazione sono stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, da emanare entro il 1º ottobre 2014 in modo da consentire, nel caso di adesione di tutti gli aventi titolo all’opzione, un risparmio di almeno 600 milioni di euro all’anno per il periodo 2015-2019, rispetto all’erogazione prevista con le tariffe vigenti;
c) fermo restando il periodo di erogazione ventennale, la tariffa è ridotta di una quota percentuale dell’incentivo riconosciuto alla data di entrata in vigore del presente decreto, per la durata residua del periodo di incentivazione, secondo le seguenti quantità:
1) 6 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 200 kW e fino alla potenza nominale di 500 kW;
2) 7 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 500 kW e fino alla potenza nominale di 900 kW;
3) 8 per cento per gli impianti aventi potenza nominale superiore a 900 kW.
In assenza di comunicazione da parte dell’operatore il GSE applica l’opzione di cui alla lettera c)”.
AMMISSIBILE L'AZIONE DI ACCERTAMENTO. In una sentenza non definitiva depositata ieri, il Tar Lazio, sezione 3-ter, ha dichiarato ammissibile l'azione di accertamento proposta da una società “sia perché gli obblighi lesivi per la ricorrente sono direttamente riconducibili alla norma primaria in questione, sia perché tale tipologia di azione costituisce il necessario strumento per potere accedere alla tecnica di tutela tipica (sindacato di legittimità costituzionale) dell’atto (legge -provvedimento) pregiudizievole per il destinatario”.
QUESTIONE SOTTOPOSTA ALLA CORTE COSTITUZIONALE. Nella sentenza si legge che il Tribunale “con separato provvedimento, emesso in pari data, ha sollevato questione di legittimità costituzionale della disposizione applicabile alla presente fattispecie, ovvero dell’art. 26 d. l. n. 91/2014”.