Sentenze

Gare, l'esclusione di un concorrente per malafede non è vincolata alla sentenza definitiva

Per escludere da una gara d'appalto un concorrente per grave negligenza o malafede, è sufficiente la valutazione fatta dalla stazione appaltante. Sentenza del Consiglio di Stato

venerdì 2 ottobre 2015 - Redazione Build News

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Per escludere da una gara d'appalto un concorrente per grave negligenza o malafede, non occorre aspettare la sentenza definitiva, ma è sufficiente la valutazione fatta dalla stazione appaltante.

Lo sostiene il Consiglio di Stato, sezione quinta, con la sentenza n. 4502/2015 depositata il 28 settembre. 

Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione e del Consiglio di Stato, “l’elemento che caratterizza la misura interdittiva di cui all’articolo 38, comma 1, lettera f) del codice dei contratti pubblici è il pregiudizio arrecato, a causa della negligenza o dell’inadempimento a specifiche obbligazioni contrattuali, alla fiducia che la stazione appaltante deve poter riporre ex ante nell’impresa alla quale affidare un servizio di interesse pubblico ed include di conseguenza presupposti squisitamente soggettivi, incidenti sull’immagine della stessa agli occhi della stazione appaltante”.

Di conseguenza, “esclusa la natura sanzionatoria di detta misura, l’ambito operativo prescinde dalla rilevanza penale dei comportamenti ascritti e degli inadempimenti contrattuali e dalla necessità di una sentenza penale di condanna per i fatti contestati, venendo in rilievo solamente la loro incidenza sull’elemento fiduciario che connota i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione”.

IL REQUISITO DELLA GRAVE NEGLIGENZA E MALAFEDE NON PRESUPPONE IL DEFINITIVO ACCERTAMENTO DI TALE COMPORTAMENTO. In quest'ottica, osserva la quinta sezione di Palazzo Spada, “il requisito della grave negligenza e malafede non presuppone il definitivo accertamento di tale comportamento, essendo sufficiente la valutazione fatta dalla stessa amministrazione, ed il giudice amministrativo nell’esame degli atti non può rivalutare nel merito i fatti già vagliati dall’amministrazione nel provvedimento impugnato (Cons. Stato, V, 16 agosto 2010, n. 5725), dovendosi limitare ad un controllo ex externo onde accertare la mera pretestuosità del giudizio di inaffidabilità dell’impresa”.

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