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Abitazioni, più di 3 milioni di famiglie denunciano danni strutturali

Centro studi Cnpi: più di 2 milioni di edifici residenziali, pari al 16,9% del totale, si trovano in uno stato di mediocre (15,2%) o pessima (1,7%) conservazione

mercoledì 21 settembre 2016 - Redazione Build News

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Le abitazioni in cui vivono gli italiani, oltre ad essere molto “anziane”, sono per una quota importante in cattive condizioni e presentano spesso e volentieri danni strutturali che possono mettere a rischio l’incolumità di chi le abita.

Dati inediti sulle condizioni delle case degli italiani sono forniti dal Centro studi Opificium del Consiglio nazionale dei periti industriali, che li ha elaborati a partire dai dati Istat e dei Vigili del fuoco per il 2015, presentati oggi nel convegno “Italia casa sicura” al Politecnico di Milano.

Il Consiglio Nazionale dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati ritiene che sia importante intervenire con l’introduzione in via obbligatoria del Fascicolo del fabbricato per prevenire i rischi e per attuare di conseguenza una puntuale operazione di messa in sicurezza degli immobili. Il documento del Cnpi – IN ALLEGATO – fornisce un quadro di analisi riferito alle caratteristiche degli edifici italiani, al loro stato di salute e di sicurezza, e poi presenta gli aspetti qualificanti della proposta presentata dal Cnpi.

PIÙ DI 3 MILIONI DI FAMIGLIE DENUNCIANO DANNI STRUTTURALI. Secondo l’Istat 3 milioni e 248 mila famiglie vivono in abitazioni con strutture danneggiate al proprio interno, come tetti, pavimenti, muri o finestre. Un numero elevato, pari al 13,2% del totale delle famiglie, che passa dal 15,7% del Sud e 14,2% delle isole (con punte in regioni come Calabria e Sardegna dove il valore sfiora il 20%) all’11,3% del Nord Ovest, dove al contrario il valore appare più contenuto. Diverse sono le ragioni che determinano tale situazione, prime fra tutti la bassa propensione ad interventi di tipo manutentivo, che penalizza maggiormente le regioni del Sud, ma anche l’elevata longevità del nostro patrimonio abitativo.

I dati del Censimento 2011 ci ricordano che il 74,1% degli edifici residenziali è stato costruito prima del 1980 e circa un quarto (25,9%) prima della seconda guerra mondiale. Se si considera che la normativa antisismica è entrata in vigore solo nel 1974 e che anche gli edifici costruiti a partire da tale data, pur in regola da un punto di vista formale, rischiano di non essere conformi alla normativa attuale, date le evoluzioni che questa ha subito nel tempo, risulta evidente il livello di esposizione a rischio sismico del sistema abitativo italiano.

Centro e Nord Ovest sono le aree dove gli edifici residenziali risultano più anziani (rispettivamente il 76,1% e 77,6% degli stessi è stato costruito prima del 1980), con punte come la Liguria (86,7%), il Piemonte (82,6%) e la Toscana (81,9%) dove la percentuale delle abitazioni costruite prima del 1980 supera l’80%.

L’elevata anzianità si ripercuote anche sullo stato di conservazione complessivo del sistema edilizio. Stando sempre ai risultati del recente censimento, più di 2 milioni di edifici residenziali, vale a dire il 16,9% del totale, si trovano in uno stato di mediocre (15,2%) o pessima (1,7%) conservazione. Una condizione questa che caratterizza soprattutto le abitazioni più antiche, dove peraltro gli interventi manutentivi risultano più invasivi ed onerosi. Tra le abitazioni costruite prima del 1946, infatti, sono il 29% quelle in pessime o mediocri condizioni. Particolarmente penalizzate sono le aree delle Sud Italia, molte delle quali a rischio sismico, dove la quota di edifici risulta in peggiori condizioni: 20,7% al Sud e 23,8% nelle isole. Sicilia (26,1%) e Calabria (26,8%) sono le regioni più in ritardo.

AUMENTANO I RISCHI CONNESSI ALLA STATICA E ALL’IMPIANTISTICA DELLE ABITAZIONI. I problemi strutturali del nostro patrimonio abitativo emergono in tutta evidenza in presenza di gravi eventi ambientali – dai terremoti alle alluvioni – ma ancora si trascura l’entità dei danni provocati quotidianamente dalle cattive condizioni degli immobili e dei loro impianti, sia di natura residenziale che pubblica.

Stando all’ultimo rapporto dei Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nel corso del 2015 sono stati realizzati più di 150 mila interventi di soccorso negli edifici, per problemi di statica (dissesto di elementi costruttivi, come crolli o cedimenti, per un totale di 48 mila interventi circa), da fughe di gas (23 mila) e da incendi ed esplosioni prodotti da cattive condizioni degli impianti o dei macchinari presenti nelle abitazioni (quasi 84 mila).

Rispetto al 2010, quando gli interventi di soccorso erano stati 129 mila, si è registrato un incremento del 20% che ha riguardato soprattutto i problemi di statica (+26,8% tra 2010 e 2015) e, a seguire, incendi ed esplosioni (18,2%) e fughe di gas (13,2%).

Negli ultimi cinque anni, le persone infortunate a causa di crolli o cedimenti strutturali, fughe di gas, o incendi ed esplosioni da cause elettriche o cattivo funzionamento di impianti, rilevate a seguito di interventi dei vigili del fuoco, sono state 3.368 mentre i morti 631. Un numero elevato, simile a quello prodotto dagli ultimi tre terremoti (l’Aquila, Emilia Romagna e Centro Italia hanno avuto 634 morti).

Cresce peraltro rispetto al passato il numero complessivo degli infortunati, passati da 630 del 2010 a 752 del 2015 (+19,4%), a causa soprattutto degli incendi e delle esplosioni verificatesi all’interno degli edifici, mentre si riduce la gravità degli incidenti, con una contrazione del numero dei morti, passati da 162 del 2010 a 131 del 2015.

Si tratta di dati che risultano peraltro del tutto parziali, fotografando solo la parte più visibile ed “emersa” di un fenomeno infortunistico che resta ancora largamente sommerso e tutto da indagare, ma che bene rendono l’idea di quanto rilevanti possano essere gli effetti di una cattiva o assente prevenzione.

LA SICUREZZA DEGLI IMPIANTI ELETTRICI: UN CANTIERE ANCORA APERTO. Tra le fonti principali di rischiosità vi sono gli impianti, dal cui stato di manutenzione e invecchiamento dipende fortemente la sicurezza delle nostre abitazioni. Un recente rapporto Censis realizzato per il Cnpi, sulla sicurezza degli impianti elettrici, evidenziava come nel 2011 il 37,3% delle abitazioni italiane, vale a dire circa 8 milioni di unità abitative, avevano un impianto elettrico non a norma. Tale dato saliva al 38,9% tra le abitazioni costruite prima del 1991, mentre scendeva al 23,2% tra quelle costruite successivamente.

Tra gli impianti a norma “solo” nel 54,1% dei casi esiste un certificato di conformità dell’impianto (si stima siano 7 milioni 500 mila gli impianti certificati). La messa a norma dell’impianto da sé sola non basta a garantire la sicurezza dello stesso, se non si accompagna ad interventi di manutenzione e verifica. Si consideri infatti che ben il 30% degli impianti a norma ha ormai più di 20 anni e, ancora, che in circa il 6% delle abitazioni con impianto a norma si registrano frequenti cortocircuiti.

Gli italiani risultano particolarmente distratti sul fronte della manutenzione. Solo il 34,6% (ma tra quanti hanno l’impianto a norma la percentuale sale al 39,7%) degli inquilini di case in cui è presente il salvavita, ne controlla regolarmente il funzionamento. A questa percentuale si aggiunge un 18,2% che lo fa, ma raramente. Di contro, il 47,1% non lo fa mai, perché non sa come fare (12,1%), non gli è mai venuto in mente di farlo (20,6%) o addirittura non sa che il salvavita deve essere controllato (14,4%).

Si stima che ogni anno si registrino in Italia più di 241 mila incidenti da cause elettriche. Di questi, il 66% (160 mila circa) produce conseguenze, sulle persone, sull’abitazione o sugli oggetti ed impianti interessati dall’incidente. In particolare, nel 17,3% dei casi si registrano danni alle persone (lievi nel 14,6%, seri, con intervento del medico o ricovero nel 2,7%); nel 38,8% dei casi, vi sono danni ad oggetti (apparecchiature elettriche, elettrodomestici, lampade, ecc) presenti in casa, e nel 17,1% si riscontrano danni all’abitazione stessa.

Guardando alla natura dell’incidente, se nella gran parte dei casi (56,5%) si è trattato di scosse elettriche alle persone, nel 9,1% vi è stato invece un incendio o principio di incendio prodotto da cause elettriche, mentre nel 25% danni derivanti da interruzione di corrente.

Malgrado le cause di incidentalità domestica derivante da agente elettrico possano essere molteplici (comportamenti scorretti, cattivo funzionamento dell’impianto, ecc) nelle abitazioni con impianti non a norma si registra una frequenza di incidenti quasi doppia rispetto a quella che si registra nelle abitazioni con impianti a norma, segno di come la sicurezza degli impianti rappresenti un fattore estremamente nel determinare il maggiore o minore rischio di incidentalità nelle abitazioni.

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