Con la sentenza n. 84/2015 depositata il 15 maggio, la Corte costituzionale ha annullato la delibera della Giunta regionale dell’Abruzzo 28 marzo 2013, n. 218, nella parte in cui stabilisce di «fissare in 25.000 mc3 la soglia limite superata la quale la movimentazione di materiali in ambiente marino è soggetta ad autorizzazione da parte della competente Autorità regionale, restando soggetta a sola comunicazione alla stessa Autorità competente la movimentazione inferiore a tale soglia-limite».
Con ricorso notificato il 9 luglio 2013, depositato il successivo 11 luglio, il Presidente delConsiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Abruzzo, in relazione alla predetta delibera, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione dell’8 maggio 2013, n. 17, recante «Determinazioni inerenti il rilascio di autorizzazioni di competenza regionale ai sensi dell’art. 109 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”– Ripartizione tra le Direzioni regionali di competenza afferenti al mare».
Il Governo ha contestato che spetti alla Regione Abruzzo, ed in particolare alla Giunta regionale, introdurre, con la citata delibera, una norma di natura regolamentare, in base alla quale la movimentazione di materiali in ambiente marino, inferiore alla soglia dei 25.000 metri cubi, non è soggetta ad autorizzazione, ma ad una mera comunicazione all’Autorità regionale competente.
Questa parte della delibera invaderebbe la sfera di competenza statale esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, ponendosi, peraltro, in contrasto con la normativa nazionale in materia e con i principi contenuti nelle convenzioni e negli accordi internazionali.
ACCOLTO IL RICORSO DEL GOVERNO. La Corte costituzionale ha accolto il ricorso del Governo, osservando in proposito che la disciplina delle attività di immersione di materiali da escavo di fondali marini, o salmastri o di terreni litoranei emersi, nonché di movimentazione di sedimenti marini “deve ricondursi alla competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente». Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che quest’ultima non è incompatibile, con riferimento alle predette attività, con interventi specifici del legislatore regionale che si attengano alle proprie competenze e che siano, pertanto, rispettosi degli standards di tutela dell’ambiente predisposti dal legislatore statale, mediante la prescrizione dell’autorizzazione allo svolgimento delle stesse (sentenza n. 259 del 2004; in tal senso, anche sentenza n. 44 del 2011)”.
Pertanto, secondo la Consulta, “la delibera regionale in esame, nella parte in cui detta una disposizione volta ad escludere dal regime di autorizzazione l’attività di movimentazione dei sedimenti marini di entità inferiore a 25.000 metri cubi, in contrasto con la normativa statale, ha leso la competenza statale esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente», determinando una riduzione degli standards di tutela dell’ambiente marino”.
BOCCIATA ANCHE LA LEGGE REGIONALE N. 25/2014. Con un'altra sentenza – n. 81/2015 – la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 25 (Integrazione alla L.R. 21 luglio 1999, n. 44 recante “Norme per il riordino degli Enti di edilizia residenziale pubblica” e modifiche alla L.R. 25 ottobre 1996, n. 96 recante “Norme per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica e per la determinazione dei relativi canoni di locazione”).
Questa legge, impugnata dal Governo, è stata approvata dal Consiglio regionale dopo la scadenza della legislatura, in regime di prorogatio.
La Consulta ha dichiarato l'illegittimità della legge regionale n. 25/2014 in quanto mancavano i requisiti di indifferibilità e urgenza, né si trattava di un atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità, tali da non consentire un rinvio per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente. Anzi, la Corte costituzionale ha ravvisato in tale intervento legislativo “una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, dalla quale il Consiglio regionale, secondo la ricordata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 68 del 2010), avrebbe dovuto comunque astenersi al fine di assicurare una competizione libera e trasparente”.