Sentenze

Abusi edilizi, esclusa la non punibilità per tenuità in presenza di più reati della stessa specie

Cassazione: è necessaria una valutazione complessiva nella quale perde rilevanza l'eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui il fatto si articola

venerdì 21 ottobre 2016 - Redazione Build News

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La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131 bis del codice penale “non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l'imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima "ratio punendi"), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il "fatto" nella sua dimensione "plurima", secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l'eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola”.

Lo ha ricordato la Corte di cassazione nella sentenza n. 44319/2016, avente ad oggetto la creazione in un immobile di nuova superficie utile interna mediante la realizzazione di un solaio intermedio, nonché l'apertura di luci ed una sopraelevazione del solai di copertura preesistente pari ad almeno 50 cm.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, anche la semplice realizzazione di un soppalco, pur senza modifiche volumetriche, determina un incremento della superficie utile calpestabile, con necessità di permesso di costruire e conseguente configurabilità del reato edilizio. La Corte di cassazione ha affermato che le cosiddette "opere interne" non sono più previste nel d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come categoria autonoma di intervento edilizio sugli edifici esistenti, e rientrano negli interventi di ristrutturazione edilizia quando comportino aumento di unità immobiliari o modifiche dei volumi, dei prospetti e delle superfici ovvero mutamento di destinazione d'uso.

Nel caso in esame, c'è stato, in aggiunta al mero aumento di superficie utile, anche un aumento di volumetria e una modifica dei prospetti. Secondo la giurisprudenza della suprema Corte l'apertura di "pareti finestrate" sulla facciata di un edificio, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato previsto dall'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, poiché si tratta di un intervento edilizio comportante una modifica dei prospetti non qualificabile come ristrutturazione edilizia "minore", e per il quale, quindi, non è sufficiente la mera denuncia di inizio attività.

Nel caso di specie, la Cassazione osserva che “confutando l'argomentazione difensiva secondo cui l'altezza del soppalco pari a 2,30 m. ne escluderebbe l'abitabilità essendo l'altezza minima pari a 2,70 m., i giudici di appello correttamente evidenziano come di fatto l'altezza realizzata fosse assolutamente sufficiente a garantire l'utilizzo a fini abitativi del soppalco - come comprovato anche dalla presenza dei due bagni -, sicché il mancato raggiungimento dell'altezza minima di legge ne avrebbe sì escluso l'agibilità, ma non escludeva che ci si trovasse di fronte ad un abuso edilizio che costituiva manifestazione del disinteresse di chi aveva abusivamente edificato a rispettare le prescrizioni di legge riguardo alle altezze.”

REATO PAESAGGISTICO, SE LE DIMENSIONI DEL SOPPALCO ABUSIVO SONO CONTENUTE SOLO UNA CONTRAVVENZIONE. Tuttavia, “Non essendovi invero elementi da cui potersi desumere che l'aumento volumetrico realizzato fosse superiore al limite indicato dall'art. 181, comma 1-bis, D. Lgs. n. 42 del 2004, per effetto della predetta declaratoria, l'originario delitto paesaggistico dev'essere riqualificato nell'ipotesi contravvenzionale del comma primo dell'art. 181 citato.”

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