Sentenze

Abusi edilizi, il Consiglio di Stato sulle spese di demolizione

L’obbligo delle spese per l’esecuzione in danno ricomprende anche le spese per precedenti interventi andati a vuoto, pur se diretti alla demolizione

mercoledì 11 febbraio 2015 - Redazione Build News

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L’art. 29 comma 1, ultima parte, del Testo Unico Edilizia (d.P.R. 6 aprile 2001, n. 380) prevede che l’autore dell’abuso edilizio sia tenuto alle spese per l‘esecuzione in danno in caso di demolizione delle opere realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell'abuso.

Nella vicenda esaminata dalla sesta sezione del Consiglio di Stato si controverte se si possa configurare la sussistenza di questo obbligo di legge non già per lo stretto intervento di effettiva demolizione, ma anche per precedenti interventi (nella specie: di appaltatori dell’amministrazione comunale) andati a vuoto per ragioni comunque imputabili all’interessato, come quando si è dichiarato disponibile a effettuare direttamente l’intervento ripristinatorio e così ha dato causa alla interruzione della demolizione medesima.

LA SENTENZA. Con la sentenza n. 715/2015 depositata il 10 febbraio, Palazzo Spada sostiene che l’obbligo suddetto delle spese per l’esecuzione in danno ben ricomprende anche le spese per siffatti precedenti interventi non portati a buon fine, pur se diretti alla demolizione. 

Vi è infatti – afferma la sesta sezione del Consiglio di Stato - uno spontaneo accollo di una demolizione in danno, e il fatto che questa non venga poi realizzata non può che ridondare in oggettivo danno dell’inadempiente accollante. Si è del resto in presenza, da parte dell’interessato, di un implicito riconoscimento della imputabilità del loro insuccesso, oltre che della conferma dell’assunzione dell’obbligo.

In sostanza, l’interessata aveva essa stessa chiesto di rinviare la demolizione, impegnandosi ad eseguire spontaneamente la stessa in un prossimo futuro: e tanto vale a configurare questa situazione.

Palazzo Spada giudica infondata anche la censura di appello che contesta la corretta quantificazione, sostenendo che, nel rapporto tra la effettiva demolizione (circa euro 28.000) e i tentativi andati a vuoto (circa 10.000 euro) vi sarebbe una sproporzione non giustificata. 

Il Collegio osserva che talune delle voci della nota relativa all’intervento di demolizione (smaltimento dei rifiuti e altro) non possono essere contenute nelle note relative agli interventi inutili. Tuttavia, è evidente che le spese sostenute dall’appaltatore, e dovute a sua volta dal Comune, comprendessero i costi vivi sostenuti in quelle giornate, certo inferiori al reale intervento di demolizione, ma non per questo indifferenti.

L’ingiunzione di pagamento della somma occorsa per i lavori di demolizione in danno, atto meramente esecutivo e vincolato rispetto alle precedenti determinazioni, non richiede un’autonoma comunicazione di inizio del procedimento di cui all’art. 7, l.7 agosto 1990, n.241 (tra varie, Cons. Stato, IV, 27 luglio 2011, n.4506).

L’art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che l’opera acquisita sia demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso.

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