“L’ordine di demolizione è un provvedimento vincolato, che non richiede alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico e quello privato (Cons. Stato, sez. VI, 16/09/2022, n.8044). Per giustificare l’ordine di demolizione è sufficiente la constatazione che le opere siano state eseguite in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire come avvenuto nel caso di specie”.
Lo ha ribadito il Consiglio di Stato (Sezione Sesta) nella sentenza n. 6404/2023 (in allegato).
L’ordinanza di demolizione non necessita di motivazione aggiuntiva
Nella sentenza si legge che “L’ordinanza di demolizione costituisce un atto dovuto e vincolato e non necessita di alcuna motivazione aggiuntiva rispetto all'indicazione dei presupposti di fatto e all'individuazione e qualificazione degli abusi. Nel caso di specie, l’ordinanza deve ritenersi sufficientemente motivata in quanto contiene una descrizione delle opere e l’individuazione delle norme violate. Non è invece necessaria l’individuazione di un ulteriore interesse pubblico idoneo a giustificare l’applicazione della misura ripristinatoria, neanche nel caso in cui sia intercorso un considerevole lasso di tempo fra la realizzazione dell’abuso e l’ingiunzione di demolizione”.
Procedimento vincolato e assenza di comunicazione di avvio
La parte appellante ha anche sostenuto che il Tar Campania ha erroneamente ritenuto superflua la preventiva comunicazione di avvio del procedimento, perché, in più occasioni, il Consiglio di Stato avrebbe ribadito (seppur implicitamente) la necessità della preventiva interlocuzione tra la P.A. ed il privato anche in materia di ordinanza di demolizione. Non concorda il Consiglio di Stato, il quale ricorda che “In presenza di un procedimento vincolato l’assenza di comunicazione di avvio del procedimento è inidonea a provocare l’annullamento dell’atto ai sensi del primo periodo del secondo comma dell’art 21-octies, secondo il quale «Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». Ciò è confermato dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale il principio di partecipazione procedimentale ex legge n. 241/1990 non va interpretato in senso formalistico, bensì avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la Pubblica Amministrazione”. Palazzo Spada precisa che “Solo qualora il provvedimento abbia natura discrezionale, può trovare applicazione il secondo periodo della norma, ai sensi della quale l’Amministrazione può comunque evitare l’annullamento se dimostra che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato. Pertanto, la natura vincolata del procedimento rende superfluo tale accertamento, essendo evidente che un provvedimento sostanzialmente legittimo e dal contenuto vincolato non potrebbe avere un contenuto diverso rispetto a quello prescritto dalla legge”.
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