Con la sentenza n. 5087/2015 depositata il 9 novembre, la quarta sezione del Consiglio di Stato precisa che sussiste l'obbligo del Comune di “provvedere sull'istanza di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, formulatagli dal relativo proprietario, il quale, appunto per tal aspetto che s’invera nel concetto di vicinitas, gode d’una legittimazione differenziata rispetto alla collettività subendo gli effetti (nocivi) immediati e diretti della commissione dell’eventuale illecito edilizio non represso nell’area limitrofa alla sua proprietà (arg. ex Cons. St., IV, 29 aprile 2014 n. 2228), onde egli è titolare d’un interesse legittimo all’esercizio di tali poteri di vigilanza e, quindi, può proporre l’azione a seguito del silenzio ai sensi dell’art. 31 c.p.a.”.
Quindi, il silenzio serbato dalla P.A. “integra gli estremi del silenzio rifiuto ed è sindacabile in sede giurisdizionale, grazie appunto alla combinazione della vicinitas con la funzione non discrezionale della vigilanza edilizia”.
Diverso invece il discorso nel caso in cui “un qualunque altro soggetto, non così legittimato, segnali un abuso edilizio alla P.A. stessa, ma proprio per questo non ha titolo per rendere coercibile l’omesso esercizio di tal funzione”.