Sentenze

Abusi edilizi vecchi di 30 anni: non c'è inerzia del Comune fin tanto che esso li ignora

Tar Piemonte: il semplice decorso del tempo dalla commissione dell’abuso edilizio non è di per sé idoneo ad ingenerare nel privato una situazione di legittimo affidamento sulla conservabilità dell’intervento abusivo

giovedì 16 marzo 2017 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 321/2017 depositata l'8 marzo, la seconda sezione del Tar Piemonte fornisce una puntualizzazione in merito a un contrasto giurisprudenziale in materia di abusi edilizi.

Secondo un orientamento giurisprudenziale, più rigoroso, “in materia di illeciti edilizi, la risalenza nel tempo della realizzazione dell'abuso è da considerare irrilevante rispetto all'adozione di un provvedimento di natura ripristinatoria dello stato dei luoghi in ragione della preminenza dell'interesse pubblico alla rimozione di opere abusive e al ripristino della legalità” (TAR Piemonte, sez. II, 19 settembre 2015 n. 1358; T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 13 giugno 2016 n. 6744; T.A.R. Napoli, sez. VI, 14 settembre 2016, n. 4279).

L’altro orientamento, più propenso a tutelare l’affidamento del privato, afferma che “il notevole periodo di tempo trascorso tra la commissione dell'abuso e l’adozione dell’ordinanza di demolizione, e il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, possono costituire indice sintomatico di un legittimo affidamento in capo al privato, a fronte del quale grava quantomeno sul Comune, nell’esercizio del potere repressivo–sanzionatorio, un obbligo motivazionale 'rafforzato' circa l’individuazione di un interesse pubblico specifico alla emissione della sanzione demolitoria, diverso e ulteriore rispetto a quello al mero ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato, in deroga al carattere strettamente dovuto dell’ingiunzione a demolire” (Consiglio di Stato, sez. VI, 08 aprile 2016 n.1393; T.A.R. Torino, sez. I, 29 luglio 2015 n. 1280).

NON C'È INERZIA DELL’AMMINISTRAZIONE FIN TANTO CHE ESSA NON HA AVUTO CONOSCENZA DELL’ABUSO. Il Tar Piemonte osserva che “l’orientamento giurisprudenziale che riconnette al decorso del tempo dalla commissione dell’abuso l’insorgere nel privato di una situazione di affidamento tutelabile alla conservazione dell’intervento abusivo, tale da imporre all’amministrazione che intenda invece reprimere quell’abuso un obbligo motivazionale rafforzato in ordine alla sussistenza di un concreto interesse pubblico all’adozione della misura ripristinatoria, diverso dal mero ripristino della legalità violata, fa derivare l’affidamento tutelabile dell’interessato non dal semplice decorso del tempo, ma dall’”inerzia” serbata dall’amministrazione in tale lasso temporale, la quale a sua volta presuppone necessariamente “la conoscenza” dell’abuso da parte dell’amministrazione, a cui tuttavia non fa seguito la dovuta attività repressiva e ripristinatoria.

In altre parole, non può esservi inerzia dell’amministrazione fin tanto che essa non abbia avuto conoscenza dell’abuso; e da tanto consegue che il semplice decorso del tempo dalla commissione dell’abuso edilizio - che costituisce un illecito permanente - non è di per sé idoneo ad ingenerare nel privato una situazione di legittimo affidamento sulla conservabilità dell’intervento abusivo, se non nel caso in cui l’amministrazione, pur avendo avuto in tale lasso temporale oggettiva conoscenza dell’abuso, abbia tuttavia omesso di esercitare la dovuta azione repressiva e ripristinatoria”.

Nel caso di specie, “l’amministrazione comunale è venuta a conoscenza (del tutto casualmente, peraltro) della veranda abusiva di proprietà della ricorrente soltanto nell’agosto 2014, allorquando, esaminando la documentazione grafica e fotografica allegata alla SCIA presentata dall’amministratore di condominio per alcuni lavori di consolidamento dei balconi, ha notato la presenza di quella veranda sulla facciata interna del condominio e, dopo aver svolto alcuni accertamenti, ha constatato che la stessa non era mai stata autorizzata. Una volta accertato l’abuso, gli uffici hanno attivato sollecitamente, il 29 maggio 2015, il procedimento di repressione, per poi concluderlo il 31 dicembre 2015 con l’atto impugnato nel presente giudizio”.

Il Tar Piemonte evidenzia che “tra la conoscenza dell’abuso e l’avvio del procedimento di repressione sono decorse solo poche settimane, tempo certamente insufficiente a ingenerare nella ricorrente una situazione di affidamento tutelabile alla conservazione del manufatto.

In tale contesto, la circostanza che il manufatto fosse stato realizzato dal fratello della ricorrente più di trent’anni prima è del tutto inconferente, trattandosi di manufatto realizzato sulla facciata condominiale prospiciente il cortile interno, e come tale non visibile dall’esterno: tant’è che l’amministrazione ne ha potuto avere conoscenza solo nell’agosto 2014, nelle circostanze del tutto fortuite di cui si è detto sopra”.

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