Sentenze

Abuso edilizio a 2 metri dall'autostrada: il Tar Lazio esclude la sanabilità

L’immobile abusivo ubicato ad una distanza di 2,20 metri dal confine autostradale costituisce pericolo per la circolazione. Pertanto, l’abuso non rientra tra i criteri di sanabilità previsti dall’articolo 32 lettera c) della legge n. 47/1985

giovedì 31 ottobre 2024 - Alessandro Giraudi

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L’immobile abusivo ubicato ad una distanza di 2,20 metri dal confine autostradale costituisce pericolo per la circolazione. Pertanto, l’abuso non rientra tra i criteri di sanabilità previsti dall’articolo 32 lettera c) della legge n. 47/1985 e da quanto stabilito dalla relativa circolare applicativa del Ministero dei Lavori pubblici del 17 giugno 1995.

Lo ha confermato il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta Stralcio) nella sentenza n. 18835/2024 pubblicata il 28 ottobre.

Il citato art. 32 lett. c) l. 47/1985 stabilisce che “Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino…c) in contrasto con le norme del D.M. 1.4.1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con gli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico”. Nel caso in esame, il parere dell’Anas ha segnalato che, a seguito del sopralluogo, il bene oggetto di condono “costituisce pericolo per la circolazione in quanto risulta ubicato ad una distanza di mt. 2,20 dal confine autostradale”.

Il provvedimento di reiezione del condono è adeguatamente motivato

“Pertanto”, osserva il Tar Lazio, “non risulta esservi stata alcuna violazione di legge, né tantomeno un difetto di istruttoria o di motivazione, avendo l’Anas spa valutato in concreto, come richiesto dalla norma (l’art. 32 cit. limita la possibilità di sanatoria solo al caso di vincolo successivo ed a condizione che le opere stesse non costituiscano una minaccia alla sicurezza della circolazione stradale, non essendo sufficiente che il vincolo sia successivo), che la costruzione costituiva una fonte di pericolo per l’incolumità delle persone e/o della circolazione stradale.

In definitiva, anche volendo ritenere, come sostenuto da parte ricorrente, che il vincolo è successivo (questo perché soltanto dal 1979 il Grande Raccordo Anulare è stato classificato come “autostrada”; circostanza, in realtà, contestata da Roma Capitale, poiché dall’istanza di condono risulta che le opere sono state ultimate nel 1970 e il vincolo è stato apposto, in realtà, con il D.M. 1.4.1968, a prescindere da quanto il GRA sia stato classificato come autostrada), il parere dell’Anas spa risulta adeguatamente motivato e di conseguenza è tale anche il successivo provvedimento emesso da Roma Capitale di reiezione del condono”.

Non si è formato un silenzio-assenso

Secondo il Tar Roma, inoltre, non può neppure ritenersi che nel caso in questione si sia formato un silenzio-assenso, poiché costituisce principio ormai consolidato che “L’accoglimento della domanda di condono edilizio per silentium, può aver luogo solo ove la domanda a tal fine presentata dal privato possieda i presupposti sostanziali per essere accolta” (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. VI, n. 7849/2023). Più nello specifico, se l’immobile oggetto di condono è sottoposto a vincolo, come nella specie (dato che al momento di presentazione della domanda, 1986, il GRA aveva già assunto la qualifica di autostrada), la formazione del silenzio assenso è condizionata all’acquisizione del parere favorevole dall’autorità preposta a tutelare il vincolo. Detto altrimenti, non può ritenersi formato, con riferimento all’istanza di sanatoria per cui è causa, il silenzio assenso prima dell’acquisizione del parere favorevole dell’Anas spa, dato che l’art. 32, co. 1, l. n. 47/1985, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è pur sempre subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso (si veda in questi termini di recente Tar Lazio, Roma, sez. IV ter, 12 aprile 2024, n. 7160)”.

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