Se l'abuso edilizio è commesso dall'inquilino e non dal proprietario, la posizione di quest'ultimo va considerata neutra rispetto alle sanzioni previste dal Testo unico dell'edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001) e, in particolare, rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene.
Ciò, però, a condizione che risulti in modo inequivocabile la completa estraneità del proprietario al compimento dell’opera abusiva oppure che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento.
Questo consolidato principio è stato recentemente ribadito dalla sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2211/2015 depositata il 4 maggio.
IL PROPRIETARIO DEVE PROVARE DI ESSERSI ATTIVATO PER COSTRINGERE L'INQUILINO AL RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI. Secondo i principi giurisprudenziali che regolano la materia, il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio (di cui all’art. 31 del Testo Unico Edilizia) della demolizione o dell’acquisizione (come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione), deve dimostrare di aver intrapreso iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa.