Nel caso di un immobile costruito sulla base di regolare concessione edilizia, nel quale sono state eseguite alcune modifiche interne non autorizzate, che non ne hanno mutato per nulla la volumetria, non è applicabile la sanzione della nullità per il successivo contratto definitivo di vendita.
Così la seconda sezione della Cassazione civile con la sentenza n. 24852/2015.
Gli artt. 17 e 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 “comminano la nullità degli atti tra vivi con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria”.
Quindi “nessuna invalidità deriva al contratto dalla difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche”.
LA GIURISPRUDENZA DELLA SUPREMA CORTE. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, “in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. non solo qualora l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia (e manchi la prescritta documentazione alternativa: concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione), ma anche quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l'immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione (nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile), non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore (nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile) di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente”.
Peraltro, osserva la Cassazione, nel caso in esame “si tratta di opere che sono state regolarizzate prima dell'emanazione della sentenza costitutiva dell'effetto traslativo della proprietà dell'immobile, essendo intervenuta concessione in sanatoria; ed è pacifico che qualora, successivamente al contratto preliminare, intervenga la concessione in sanatoria di eventuali abusi edilizi, rimane esclusa la sanzione della nullità per il successivo contratto definitivo di vendita”.