L’ordine di demolizione che fa seguito all’accertamento della natura abusiva delle opere edilizie, è un atto dovuto e, in quanto tale, non deve essere preceduto dall’avviso ex art. 7 della legge n. 241/1990 (avviso di avvio del procedimento).
Infatti, si tratta di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, di una misura sanzionatoria che “sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia l’abuso, di cui il ricorrente deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo”.
Questo pronunciamento del Consiglio di Stato – sentenza n. 2194/2014 della quinta sezione – è stato recentemente ribadito dalla sesta sezione di Palazzo Spada con la sentenza n.4222/2015 depositata il 10 settembre.
Il caso in esame riguarda la violazione del punto 40 dell’allegato al Regolamento edilizio del Comune di Ischia, il quale dispone che, per la realizzazione di spazi pertinenziali di parcheggio pavimentato anche con copertura di tettoia aperta, sono necessari i seguenti titoli: D.I.A.- P.C. (permesso di costruire) - A.P. (autorizzazione paesistica). Il Consiglio di Stato ha accertato che il ricorrente non ha mai chiesto, né tanto meno ottenuto, l’autorizzazione paesistica prescritta per l’opera oggetto della controversia. Ciò era sufficiente per l’adozione da parte del Comune di Ischia dell'ordinanza di demolizione delle due tettoie realizzate abusivamente, essendo irrilevante la natura dell’opera - pertinenziale o meno – dato che, anche per le pertinenze, occorreva l’autorizzazione paesistica.
L'ORDINE DI DEMOLIZIONE NON RICHIEDE UNA PARTICOLARE MOTIVAZIONE. I giudici di Palazzo Spada richiamano inoltre la sentenza n. 4926/2014 della quinta sezione del Consiglio di Stato: “L’ordinanza di demolizione e rimozione di abusi edilizi, oltre che di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, costituisce un atto dovuto in mera dipendenza dall’accertamento della relativa realizzazione e dalla riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie d’illecito previste dalla legge, che esclude la necessità di una sua particolare motivazione, essendo in tal senso sufficiente la rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata, nonché una previa espressa comparazione tra l’interesse pubblico alla rimozione dell’opera, che è in re ipsa, e quello privato alla relativa conservazione”.