Sentenze

Abuso edilizio in area vincolata: il TAR Lazio sul requisito della doppia conformità

In merito all'ampliamento di un immobile ante 1967 in area vincolata, una recente sentenza del Tar Roma rileva il difetto del requisito della doppia conformità richiesto per il provvedimento di cui all’art. 36 bis del Testo Unico Edilizia

venerdì 7 giugno 2024 - Redazione Build News

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R. R. ha impugnato il provvedimento di diniego emesso in data 28.01.2016 dal Comune di Rocca di Papa, e notificato in data 29.01.2016, con il quale gli è stato comunicato il diniego della richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) in data 16.03.2004.

Gli interventi oggetto dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria riguardano la realizzazione di volumi che si assumono realizzati circa 13 anni prima della introduzione del presente giudizio, asseritamente ricavati da un ampliamento e ristrutturazione di un preesistente fabbricato, in tesi edificato prima del 1967 dal padre del ricorrente.

Per le opere per cui è causa fu disposto l’ordine di demolizione n. 31 del 25.2.2004, il quale però è stato annullato dal TAR Lazio con sentenza n. 8129/2007 del 24.08.2007 (che non risulta appellata); con tale pronuncia il Tar ritenne fondata la censura di eccesso di potere per travisamento del fatto ed insussistenza dei presupposti, in quanto la PA aveva disposto la sospensione dei lavori ed avviato la procedura di demolizione d'ufficio in rapporto a meri lavori di risanamento conservativo, non richiedenti permesso di costruire ed inerenti un manufatto preesistente sull'area in quanto realizzato ante 1967, ossia prima dell'adozione da parte del Comune di Rocca di Papa dello strumento urbanistico.

Intanto R. R. presentò una richiesta di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. 380/2001 in data 16.03.2004. Tale istanza è stata però poi rigettata con il provvedimento impugnato, motivato per la realizzazione di un manufatto di mt. 5 x 5,60 alto mt. 2,20 in presenza di vincolo paesaggistico e sismico, vincolo idrogeologico, e vincolo derivante dall’inserimento nel Parco dei Castelli Romani. Il provvedimento impugnato ha evidenziato che l’opera non è sanabile in quanto è in contrasto con le NTA e in quanto è stata realizzata senza titolo edilizio e senza l’autorizzazione degli enti posti a tutela dei vincoli. Il provvedimento impugnato ha richiamato il verbale di accertamento n. 6 del 7.2.2004, nonché l’ordine di demolizione n. 174 del 24.8.2004 e la sentenza Tar che ha annullato l’ordine di demolizione n. 31 del 2004.

Il Tar Lazio respinge il ricorso

Nella sentenza n. 9071/2024 pubblicata l'8 maggio, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio) ha respinto il ricorso.

“Trattandosi di nuova opera e non di mero risanamento conservativo, è richiesto il permesso di costruire”, osserva il Tar Roma. “L’opera realizzata non costituisce un mero risanamento conservativo di edificio preesistente (in tesi anteriore al 1967), ma è un’opera nuova, la quale, contrariamente a quanto affermato da R. R., crea una volumetria non esigua e non insignificante, trattandosi di un manufatto di mt 5 x 5,60, alto mt. 2,20; ne consegue che l’opera ricade nella previsione di inedificabilità assoluta prevista dall’art. 8 N.T.A. in zona di verde privato, come evidenziato nel provvedimento impugnato”.

Il provvedimento impugnato “è congruamente motivato anche con riferimento ai vincoli. L’opera è realizzata in una zona su cui insistono il vincolo paesaggistico e sismico, il vincolo idrogeologico, e il vincolo derivante dall’inserimento nel Parco dei Castelli Romani. A fronte di tale precisa indicazione contenuta nel provvedimento impugnato, è circostanza meramente affermata dal ricorrente, ma priva di principio di prova, che l’immobile non si trovi in zona coperta da tali vincoli”, ha aggiunto il Tar Lazio.

“In ordine poi al vincolo paesaggistico e sismico, l’opera è stata realizzata senza chiedere previamente il parere delle autorità preposte alla tutela del vincolo; peraltro, nel provvedimento impugnato è specificato che in base al d.lgs. n. 42 del 2004 l’autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo può essere richiesta prima della realizzazione dell’opera, e non dopo. Sotto tale ultimo profilo, il Collegio ritiene che l’opera per cui è causa, essendo una nuova opera che crea nuova volumetria, non rientra in nessuna delle ipotesi di sanatoria postuma previste dall’art. 167 c. 4 d.lgs. n. 42 del 2004, che riserva la possibilità di valutazione postuma della compatibilità paesaggistica solo «a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
»”.

Difetto del requisito della doppia conformità

Per i giudici amministrativi romani “anche sotto il profilo del vincolo sismico le censure di R. R. sono generiche, non indicando quali interventi avrebbe potuto attuare per rispettare, anche in via postuma, in vincolo sismico.

Dunque su tutti i profili oggetto di censura il provvedimento impugnato è congruamente motivato, emergendo chiaramente il difetto del requisito della doppia conformità richiesto per il provvedimento di cui all’art. 36 bis d.p.r. n. 380 del 2001”, osservano i giudici.

Per quanto riguarda la lamentata violazione dei principi di gradualità, proporzionalità, adeguatezza, e affidamento, il Collegio ritiene che “nel motivo di ricorso parte ricorrente svolga una ricognizione di principi generali quali quello della tutela della proprietà (anche alla luce del diritto sovranazionale), della gradualità, della proporzionalità, della adeguatezza e dell’affidamento, senza però adeguatamente allegare e dimostrare come tali principi vengano lesi nel caso in esame, a fronte della realizzazione di una nuova costruzione in zona che l’art. 8 NTA individua come inedificabilità assoluta, e in area coperta da molteplici vincoli”.

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