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Accelerare i cantieri delle opere commissariate: da FINCO critiche al Protocollo Mit - sindacati

La Federazione non ritiene idoneo che i controlli in cantiere siano di fatto demandati ai sindacati e, più precisamente ai tre Sindacati Confederali dell’edilizia, tralasciando le figure “istituzionali” già preposte a tali controlli, quali stazioni appaltanti, direttori dei lavori e responsabili della sicurezza in fase di esecuzione

mercoledì 16 dicembre 2020 - Redazione Build News

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“Riteniamo molto preoccupante ed in realtà molto poco utile alla celere realizzazione delle infrastrutture in sicurezza, in qualità ed a garanzia dell’assenza di infiltrazioni malavitose, la sottoscrizione da parte del MIT del Protocollo di Intesa con Feneal-UIL, Filca-CISL e Fillea-CIGIL dell’11 dicembre scorso – così Carla Tomasi, Presidente Finco – considerato che le imprese non sono state neanche interpellate; in particolare, quelle specialistiche e super specialistiche, che peraltro non sempre applicano il contratto edile e non hanno, dunque, questi sindacati come interlocutori”.

FINCO non ritiene idoneo che i controlli in cantiere siano di fatto demandati ai sindacati e, più precisamente ai tre Sindacati Confederali dell’edilizia, tralasciando, nella sostanza, le figure “istituzionali” già preposte a tali controlli, quali stazioni appaltanti, direttori dei lavori e responsabili della sicurezza in fase di esecuzione.

E, d’altro canto, non ritiene che così facendo si ottenga la “celere realizzazione” delle opere infrastrutturali e la necessaria "ripresa economica”.

“Ravvisiamo altresì - continua Carla Tomasi - una contraddittorietà tra la volontà di semplificare da un lato e le continue deroghe e potenziali sovrapposizioni dall'altro. Sarebbe meglio controllare che ciascuno faccia ciò che deve, cosa più complessa che firmare protocolli, ma forse più efficace”.

Peraltro le incombenze cui sono già sottoposte le imprese, non sottoscrittrici di questo Protocollo, non sono certo poche; non va dimenticato, inoltre, che non vi è un’equazione assoluta tra il settore delle costruzioni e quello dell’edilizia. Nel più ampio settore delle costruzioni vi sono infatti molte attività e, per conseguenza, molti contratti collettivi “diversi”, ma allo stesso tempo, pienamente legittimi.

Anche a voler tacere il fatto che nei cantieri non edili vi è una sinistrosità assai inferiore, nonché minori infiltrazioni malavitose, non è certamente né adeguato né opportuno affidare alle Casse Edili, previste dal solo contratto edile, il “controllo” in cantiere (occorrerebbe a questo proposito aprire una parentesi su alcuni dei contratti definiti “in dumping”, dove per “dumping” si intende, tradizionalmente, la presenza o meno della summenzionata Cassa Edile).

Non è poi assolutamente accettabile, tra le altre cose, un monopolio di FORMEDIL, al cui benestare sarebbe condizionata l’entrata in cantiere del lavoratore con altra formazione.

Nella sostanza, questo Protocollo finisce per supportare l’iniziativa di certa parte del mondo edile che spinge per il contratto unico di cantiere (ovviamente quello edile), con annesse ricadute economiche di tipo previdenziale e formativo.

“E tutto ciò in contrasto con lo stesso D.Lgs 81/2008, pur richiamato nel testo, che individua come determinante fattore di sicurezza dei lavoratori proprio il CCNL specifico rispetto alla attività specializzata. In definitiva ci chiediamo - prosegue Carla Tomasi - se le priorità di un Ministro delle Infrastrutture debbano essere quelle di sottoscrivere un Protocollo, su aspetti già normati ed anzi iper normati, in assenza delle imprese (e, per la verità, anche in assenza di taluni sindacati) incidendo, peraltro, su una materia estremamente delicata come quella sindacale”.

Senza poi parlare del ridondante riferimento alla “clausola sociale”, già ampiamente disciplinata e sulla cui operatività (e limiti) si sono già autorevolmente pronunciate sia l’ANAC che l’ANTITRUST. Non si vede la motivazione per la quale se ne debba trattare, per giunta in assenza della controparte imprenditoriale.

Del tutto discutibile, altresì, il riferimento alla preferenza per la manodopera locale, in particolare per quella inserita nella “Borsa Nazionale Edile”, quando, invece, tale preferenza dovrebbe essere incentrata solo sulle caratteristiche di qualificazione della medesima.

Senza voler entrare nel merito puntuale di quanto previsto dal citato Protocollo d’Intesa - ma ribadendo comunque che «la produzione e fornitura di strutture in “ferro” per calcestruzzo armato» non è, ovviamente, attività edile, come anche «la costruzione di ponti e viadotti» ove prefabbricati in stabilimenti industriali (a prescindere da quello che pretendono di regolare CCNL omnicomprensivi) - per FINCO le priorità dovrebbero essere una concreta capacità di progettazione, l’efficienza dell’Amministrazione, la qualità delle Stazioni Appaltanti e delle imprese, anche laddove la “regia” dell’appalto sia affidata ad un Commissario.

“Siamo esterrefatti – conclude Carla Tomasi - e confidiamo in una integrazione urgente. Questa volta però sentendo anche le imprese del mondo delle costruzioni”.

Leggi anche: “Accelerare i cantieri delle opere commissariate: Mit e sindacati siglano il Protocollo

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