Con sentenza del 19 luglio 2012, la Corte di giustizia Ue ha statuito che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tale direttiva.
Ritenendo, alla scadenza di un termine fissato all’11 febbraio 2016, che l’Italia non avesse ancora preso le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, la Commissione europea ha proposto dinanzi alla Corte Ue un secondo ricorso per inadempimento contro tale Stato membro chiedendo l’inflizione di sanzioni pecuniarie.
Nella sua sentenza odierna, la Corte di giustizia europea constata che, alla data limite dell’11 febbraio 2016, l’Italia non aveva preso tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 2012 al fine di rispettare gli obblighi che le incombono in forza della direttiva.
La Corte ritiene che l’inadempimento dell’Italia, oltre ad esser durato quasi sei anni, sia particolarmente grave per il fatto che l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all’ambiente. Essa rileva, in particolare, che il numero di agglomerati per i quali l’Italia non ha fornito, alla data dell’udienza (28 febbraio 2018), la prova dell’esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva (74 agglomerati) è significativo, sebbene tale numero sia stato ridotto rispetto a quanto constatato nella sentenza del 19 luglio 2012 (all’epoca, 109 agglomerati). Inoltre, la Corte sottolinea che la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane di alcuni agglomerati con le disposizioni della direttiva avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi il 31 dicembre 2000.
Date tali circostanze, la Corte considera appropriato condannare l’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una penalità di 30.112.500 euro per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2012, penalità che sarà dovuta a partire da oggi sino all’esecuzione integrale della sentenza del 2012.
Inoltre, tenuto conto della situazione concreta e delle violazioni in precedenza commesse dall’Italia in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane, la Corte reputa adeguata la condanna dell’Italia a pagare, a favore del bilancio dell’Unione, una somma forfettaria di 25 milioni di euro al fine di prevenire il futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione.