Risponde Caf Acli srl - Centro di Assistenza Fiscale Acli
La Legge di Bilancio 2017 mantiene invariato il bonus al 50% sull’acquisto dei singoli immobili facenti parte di fabbricati interamente ristrutturati. D’accordo, ma ristrutturati da chi? È questo il punto su cui spesso si tende a far confusione. Il soggetto che vende deve in pratica coincidere, o quanto meno essere assimilato, al soggetto che esegue la ristrutturazione. Anzitutto, ribadiamo che il primo requisito per “instradare” la detrazione esige che l’acquisto sia relativo ad un immobile ad uso abitativo ubicato all’interno di una struttura edilizia interamente ristrutturata. È il classico esempio dell’abitazione privata in un condominio messo a nuovo. A prescindere dal valore degli interventi eseguiti, la percentuale della detrazione viene applicata su un importo forfettario pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’immobile, a differenza invece di quanto avviene nel caso di una normale ristrutturazione effettuata in un appartamento privato, dove l’importo massimo di spesa su cui calcolare lo sconto è fissato a 96.000 euro. Ipotizzando allora che un contribuente abbia acquistato un’abitazione al prezzo di 300.000 euro, l’importo su cui sarà calcolata la detrazione equivarrà al 25% di 300.000, vale a dire 75.000 euro.
Quando si parla genericamente di “ristrutturazione”, ci si riferisce agli interventi di recupero, restauro o risanamento conservativo ai sensi dell'articolo 3, lettere “c” e “d”, del Dpr 380/2001. Relativamente al “restauro o risanamento conservativo” la legge parla di “interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che (…) ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili”. Tali interventi comprendono ad esempio “il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”. Quanto invece al recupero edilizio, meglio noto come “ristrutturazione”, la legge individua “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. In tal caso sono compresi il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Veniamo allora al punto sostanziale dell’impresa venditrice. A un contribuente che ponga una domanda come questa: “Ho comprato una casa nel 2016 da una società in nome collettivo. Prima di essere acquistata da me, sempre nel 2016 è stata interamente ristrutturata da un’altra società”, potremmo rispondere “ni”. Dipende. Come abbiamo anticipato, il soggetto cedente deve essere lo stesso che ha provveduto alla ristrutturazione dello stabile. Inoltre, fra l’ultimazione dei lavori e la vendita dell’immobile devono trascorrere 18 mesi. Quindi l’iter canonico sarebbe questo: la ditta titolare del fabbricato esegue la ristrutturazione ed entro 18 mesi vende. Nel caso in esame, però, il contribuente dice che prima dell’acquisto, l’immobile è stato ristrutturato da “un’altra società”. Quindi si evince che la ditta venditrice non è la stessa che ha ristrutturato.
Questo potrebbe significare due cose: 1) o la ditta proprietaria ha semplicemente appaltato i lavori di ristrutturazione e poi ha venduto al contribuente, oppure 2) la ditta originariamente proprietaria ha prima ristrutturato lo stabile e poi l’ha venduto a un’altra ditta, la quale ha venduto a sua volta al contribuente. In quest’ultimo caso la detrazione non sarebbe certo applicabile, proprio perché la ditta venditrice non è quella che ha ristrutturato; viceversa, come ipotizzato nel primo caso, se la ditta venditrice appalta i lavori a una ditta terza, restando comunque proprietaria, e dopo i lavori vende, la detrazione è comunque ammessa. Il motivo è semplice: pur non essendo stata la ditta cedente l’esecutrice materiale dei lavori, questa, mantenendo la titolarità dell’immobile nel periodo della ristrutturazione, può in ogni caso equipararsi all’impresa che li ha realmente eseguiti.