I tratti essenziali dell'istituto dell'in house, come risultanti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, sono stati ricostruiti dal Consiglio di Stato, sezione sesta, con la sentenza n. 2660/2015 depositata il 26 maggio, con la quale i giudici di Palazzo Spada hanno stabilito che il legame che sussiste tra l'Università della Calabria e il consorzio interuniversitario Cineca non è riconducibile al modello dell'in house.
Il Consiglio di Stato ricorda che l'affidamento diretto (senza gara e senza ricorso a procedure di evidenza pubblica) di appalti e concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare che l'organismo affidatario (nei casi in questione, una società), ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un “ufficio interno” dell'amministrazione affidante, poiché in questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella sostanza, di un effettivo “ricorso al mercato” (“outsourcing”), bensì di una forma di “autoproduzione” o comunque di erogazione di servizi pubblici “direttamente” ad opera dell'amministrazione, attraverso strumenti “propri” (“in house providing”). Detta equiparazione sarebbe predicabile esclusivamente in presenza di due specifici presupposti, identificati nel c.d. “controllo analogo”, ovverosia in una situazione, di fatto e di diritto, nella quale l'ente sia in grado di esercitare sulla società un controllo analogo a quello che lo stesso ente esercita sui propri “servizi interni”, e nella necessità che la società svolga la “parte più importante della propria attività” con l'amministrazione o le amministrazioni affidanti.
CHIARIMENTI DALLA CORTE EUROPEA. La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d. controllo analogo richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, posto che la partecipazione, pur minoritaria, di soggetti privati al capitale di una società, alla quale partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (cfr. C. giust. UE 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle; C. giust. UE 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Coname; C. giust. UE, sez. I, 18 gennaio 2007, C-225/05, Jean Auroux).
La partecipazione pubblica totalitaria rappresenta una condizione necessaria, ma non ancora sufficiente, dovendosi ulteriormente verificare la presenza di strumenti di controllo da parte dell'ente pubblico più incisivi rispetto a quelli previsti dal diritto civile a favore del socio totalitario. L'amministrazione aggiudicatrice deve, infatti, essere in grado di esercitare un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti dell'entità affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale (v., in tal senso, C. giust. UE, sez. III, sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord, punto 27 della motivazione e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, la Corte di giustizia ha riconosciuto che, a determinate condizioni, il “controllo analogo” può essere esercitato congiuntamente da più autorità pubbliche che possiedono in comune l'entità affidataria (v., in tal senso, la sentenza Econord, punti da 28 a 31 e giurisprudenza ivi citata).
IL CONTROLLO ANALOGO PUÒ ESSERE ESERCITATO CONGIUNTAMENTE DA PIÙ AUTORITÀ PUBBLICHE. In base alla giurisprudenza da ultimo richiamata, nel caso in cui venga fatto ricorso ad un'entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il “controllo analogo” può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse.
Da ciò consegue che, se un'autorità pubblica diventa socia di minoranza di una società per azioni a capitale interamente pubblico al fine di attribuirle la gestione di un servizio pubblico, il controllo che le autorità pubbliche associate nell'ambito di tale società esercitano su quest'ultima può essere qualificato come analogo al controllo che esse esercitano sui propri servizi, qualora esso venga esercitato congiuntamente dalle autorità suddette.
Con particolare riferimento alla possibilità di ritenere sussistente un controllo analogo esercitato in forma congiunta, la Corte di Giustizia ha ulteriormente chiarito che ove più autorità pubbliche facciano ricorso ad un'entità comune ai fini dell'adempimento di un compito comune di servizio pubblico, non è indispensabile che ciascuna di esse detenga da sola un potere di controllo individuale su tale entità; ciononostante, il controllo esercitato su quest'ultima non può fondarsi soltanto sul potere di controllo dell'autorità pubblica che detiene una partecipazione di maggioranza nel capitale dell'entità in questione, e ciò perché, in caso contrario, verrebbe svuotata di significato la nozione stessa di controllo congiunto.
Infatti, l'eventualità che un'amministrazione aggiudicatrice abbia, nell'ambito di un'entità affidataria posseduta in comune, una posizione inidonea a garantirle la benché minima possibilità di partecipare al controllo di tale entità aprirebbe la strada ad un'elusione dell'applicazione delle norme del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o di concessioni di servizi, dal momento che una presenza puramente formale nella compagine di tale entità o in un organo comune incaricato della direzione della stessa dispenserebbe detta amministrazione aggiudicatrice dall'obbligo di avviare una procedura di gara d'appalto secondo le norme dell'Unione, nonostante essa non prenda parte in alcun modo all'esercizio del «controllo analogo» sull'entità in questione.