Per la costruzione di edifici destinati a “case di cura” e, in generale, al perseguimento di finalità di interesse collettivo, si applica l’aliquota IVA del 10%. L'estensione delle agevolazioni fiscali e tributarie stabilite per la costruzione di case di abitazione non di lusso è, infatti, ancora validamente applicabile.
A chiarirlo è l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 41 del 10 febbraio 2020.
Nel caso prospettato, la società ALFA e la fondazione ONLUS intendevano stipulare un contratto di appalto per la costruzione di una struttura destinata ad ospitare e ad assistere persone affette da autismo, nonché allo svolgimento di attività terapeutiche, riabilitative e socioassistenziali. In particolare, gli Istanti chiedevano se potesse applicarsi l’aliquota IVA agevolata del 10% alle cessioni di beni finiti e alle prestazioni di servizi destinati alla costruzione della struttura residenziale extra-ospedaliera, da eseguirsi mediante contratto di appalto e subappalto.
Come noto, il n. 127-quinquies della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/1972 prevede l’applicazione dell’IVA nella misura del 10% agli “edifici di cui all'articolo 1 della legge 19 luglio 1961, n. 659, assimilati ai fabbricati di cui all'articolo 13 della legge 2 luglio 1949, n. 408, e successive modificazioni.”
A tal proposito, per l’applicazione delle agevolazioni fiscali e tributarie, l’art. 1 della l. 659/61 richiama gli edifici contemplati dall'art. 2, comma 2, del Regio Decreto 21 giugno 1938, n. 1094, ai sensi del quale “sono equiparate alle case di abitazione gli edifici scolastici, le caserme, gli ospedali, le case di cura, i ricoveri, le colonie climatiche, i collegi, gli educandati, gli asili infantili, gli orfanotrofi e simili”.
In base alla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente, la struttura che intendevano realizzare rientrava tra gli edifici assimilati a civili abitazioni elencati nell’art. 2 del Regio Decreto 1094/38 e, in particolare, tra le “case di cura”. In merito a tale aspetto, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che, nonostante il R.D.L. n. 1094/1938 sia stato abrogato, il richiamo agli edifici appena visti deve considerarsi ancora validamente applicabile, posto che non si riferisce al precetto di legge, bensì alle tipologie di edifici ivi descritte.
Conseguentemente, nel caso di costruzione di edifici quali case di cura o strutture similari è applicabile l'aliquota IVA agevolata del 10%, “fermo restando che le caratteristiche strutturali e la destinazione/conduzione dell'intero complesso rispecchino effettivamente e in modo univoco le descritte finalità”.
L’Amministrazione finanziaria precisa, inoltre, che ove la struttura sia realizzata sulla base di un unico contratto di appalto con un corrispettivo unico forfettario, l'intera prestazione sarà in ogni caso soggetta all'aliquota IVA più elevata. Ciò in virtù di un consolidato principio generale riguardante l'inscindibilità del contratto di appalto.
Secondariamente, con riferimento ai contratti di subappalto, la parte istante riteneva applicabile il meccanismo del reverse charge, designando l’appaltatore al versamento dell’imposta, previa integrazione della fattura emessa dal subappaltatore senza IVA. In assenza dei presupposti per l’applicazione di tale regime, riteneva applicabile anche ai contratti di subappalto “lo stesso trattamento di aliquota riservato all’appalto principale (10%)”. Sul punto, i tecnici dell’Agenzia chiariscono che il meccanismo dell’inversione contabile “nulla ha a che vedere con l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 10%”. Sotto questo profilo, dunque, l’interpello deve ritenersi inammissibile. (fonte: Ance)
In allegato la risposta n. 41 del 10 febbraio 2020