L’Ipav, Istituto Pubbliche di Assistenza Veneziane, non può affittare senza alcuna trasparenza e aperta concorrenza per sessant’anni il complesso immobiliare dell’ex convento delle Zitelle, attualmente trasformato nell’Hotel di lusso Palladio sull’isola della Giudecca, a Venezia. Non può farlo innanzitutto perché è organismo di diritto pubblico, e quindi deve rispettare il Codice degli appalti. In secondo luogo, perché la locazione ad uso abitativo di un complesso immobiliare di altissimo valore riconducibile ai “contratti attivi” della Pubblica Amministrazione deve rispettare i principi di economicità, imparzialità, trasparenza e pubblicità, proprio per le potenzialità economiche che può dare. In terzo luogo, il Codice civile impedisce locazioni per periodi superiori ai trent’anni. Quindi, il secondo contratto stipulato dal 2049 al 2079 è da ritenersi nullo.
E’ quanto stabilisce l’Autorità Nazionale Anticorruzione al termine di un’attenta e approfondita istruttoria, che ha portato alla delibera n.155 del 30 marzo 2022 (in allegato), in cui si ricostruisce nei dettagli la vicenda dell’affitto dell’Hotel Palladio alla Giudecca, avvenuta con rinegoziazione anticipata, e attraverso due contratti con gli stessi soggetti ma usando due società diverse, in maniera priva di qualunque trasparenza.
Anac fa presente che la rinegoziazione anticipata da parte di Ipav, con contestuale stipula di contratti di assai più lunga durata, risulta lesiva del Codice dei Contratti Pubblici. Per tale operazione, infatti, sarebbe stato necessario prima una procedura di valutazione espletando una gara informale. Il tutto con previa pubblicazione di un avviso pubblico o manifestazione d’interesse, idonea a rispettare i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.
L’Ipav di Venezia non ha fatto nulla di tutto questo. Invece, scrive l’Autorità Nazionale Anticorruzione, “il meccanismo adottato da Ipav risulta lesivo dei principi generali comunitari a tutela della concorrenza, in quanto un bene contendibile a livello comunitario quale il Complesso delle Zitelle, che può costituire una notevole occasione di guadagno per gli operatori economici, risulta essere stato, di fatto, sottratto ai criteri concorrenziali, in assenza di procedure in grado di assicurare la par condicio e la trasparenza”.
Ricostruendo i giochi societari messi in campo per la locazione per sei decenni dell’Hotel di lusso, Anac scrive: “Appare plausibile sostenere che il secondo contratto di locazione sia nullo ex art. 1344 c.c. in quanto contratto in frode alla legge posto in essere con finalità elusive del divieto imperativo di cui all’art. 1573 del codice civile”. Anac evidenzia che la “causa concreta del secondo contratto di locazione consiste nel radicare in capo al medesimo soggetto il bene immobile locato per un periodo di 60 anni”.
Pure per quanto riguarda il primo contratto, quello riguardante i primi trent’anni, Anac sottolinea che “il confronto concorrenziale non ha avuto modo di esplicarsi in alcun modo atteso che si è proceduto, sostanzialmente, all’affidamento diretto della gestione di un bene tramite locazione”. Bene che, secondo Anac, costituirebbe invece un’occasione di guadagno rilevante e quindi da affidare non procedendo in via diretta a individuare il contraente, ma applicando regole minimali di pubblicità e trasparenza, sottoponendo a gara aperta con più offerte, la locazione dell’Hotel di lusso.