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Ance Sicilia: il Decreto Semplificazioni favorisce corruzione e mafia

“Siamo tutti d’accordo sul fatto che le gare d’appalto debbano essere aggiudicate nel più breve tempo possibile, però questo non significa rinunciare alla trasparenza”, afferma Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia

giovedì 19 novembre 2020 - Redazione Build News

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“Nel clima di emergenza Covid, l’Italia e la Sicilia rischiano di andare incontro ad una nuova Tangentopoli. Siamo tutti d’accordo sul fatto che le gare d’appalto debbano essere aggiudicate nel più breve tempo possibile, ancora di più adesso che occorre superare l’emergenza economica provocata dalla pandemia e anche costruire un Paese più moderno. Però questo non significa rinunciare alla trasparenza. Purtroppo i criteri imposti dal Decreto ‘Semplificazioni’, se a livello nazionale favoriscono i soliti noti che si stanno aggregando in mega gruppi rendendo più difficili i controlli, in Sicilia rischiano anche di riportarci indietro di quarant’anni, quando a decidere a tavolino le gare erano i boss mafiosi, anche al di fuori delle stazioni appaltanti”.

Lo afferma Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia, che spiega i rischi: “Espletare una gara fino a 5 milioni di euro con procedura negoziata chiusa, invitando 5, 10, massimo 15 imprese a libera scelta della stazione appaltante, senza che si conoscano prima i criteri adottati per la selezione delle aziende, le modalità di sorteggio e, soprattutto - fra una gara e l’altra - , se e come avviene la rotazione delle ditte iscritte all’albo di quell’ente, non solo rende eccessiva la discrezionalità della stazione appaltante e limita la concorrenza, ma crea anche le condizioni affinché le imprese invitate e qualcuno all’interno della Pubblica amministrazione possano mettersi d’accordo fra loro, esattamente come avveniva ai tempi di ‘Mani pulite’”. “Questo – sottolinea Cutrone - può comportare due conseguenze: che molti uffici tecnici delle stazioni appaltanti si rifiutino di bandire gare per non esporsi al rischio di finire, loro malgrado, sotto inchiesta, con ciò paralizzando, e non sbloccando, la realizzazione delle opere; e che le imprese sane, se invitate, non partecipino alla gara, in assenza della garanzia di trasparenza delle procedure”.

L’Ance Sicilia, sempre impegnata contro scorciatoie e sotterfugi che alimentano l’illegalità a scapito del merito, fa appello, quindi, alla competenza legislativa concorrente della Regione in materia di appalti e chiede un deciso e immediato intervento del governo Musumeci, in particolare dell’assessore Marco Falcone, affinché negozi con il governo nazionale una pragmatica alternativa al Dl “Semplificazioni” - per le gare di importo sotto la soglia comunitaria - che consenta in Sicilia, per arginare il rischio di infiltrazioni della mafia, di continuare ad applicare la legge regionale 13 del 2020 che, ancorché sub iudice della Corte costituzionale, è ancora vigente e contiene un criterio di aggiudicazione che garantisce procedure con massima trasparenza e rapidità. “Lo chiediamo – ragiona il presidente di Ance Sicilia – anche alla luce di un ambiguo parere del ministero delle Infrastrutture che, se da un lato conferma che il Dl ‘Semplificazioni’ prescrive il ricorso alla procedura negoziata chiusa, dall’altro lato aggiunge che le stazioni appaltanti ‘possono’, motivando la scelta, adottare la procedura ordinaria aperta a tutte le imprese, purché questo non diventi l’alibi per perdere tempo, ma garantendo comunque il rispetto dei quattro mesi previsti dalla legge per aggiudicare presto la gara. Linea confermata da un parere del Dipartimento regionale tecnico. Dunque – aggiunge Cutrone – piuttosto che fornire una chiara indicazione da seguire, alle stazioni appaltanti vengono prospettati come entrambi validi due percorsi opposti. Ciò finisce con lo scaricare tutta la responsabilità sul libero arbitrio delle stazioni appaltanti o sulla voglia o meno dei funzionari di rischiare in prima persona. Ecco che, quindi, almeno in Sicilia occorre nell’immediato emanare un provvedimento vincolante che imponga alle stazioni appaltanti di applicare sin da subito la norma regionale, a garanzia di legalità e a tutela da combine e intrallazzi, e che, assieme a tutte le altre possibilità acceleratorie applicabili, assicuri rapidità alle gare nel rispetto delle tempistiche previste, dando così certezza di diritto a chi deve bandire le gare e alle imprese sane che vogliono partecipare ad un libero e trasparente mercato delle opere pubbliche”.

“Infine – conclude Cutrone – a quelle stazioni appaltanti che dovessero decidere di adottare la procedura negoziata chiusa, va chiarito di considerare gli avvisi di gara pubblicati sui siti istituzionali non una mera comunicazione di ipocrita trasparenza, ma come un invito alle imprese a partecipare in tempi rapidi anche organizzandosi in associazioni temporanee; e va imposto di tenere i sorteggi non in una chiusa stanza, ma collegati in videoconferenza con chiunque abbia interesse a verificare la regolarità dell’iter, e di rendere pubblici e trasparenti i criteri di rotazione e di invito/partecipazione delle imprese”.

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