L’Ance Sicilia si rivolge al governo nazionale: “Siamo da sempre critici nei confronti dei general contractor e del ruolo negativo che hanno avuto sul mercato degli appalti, così come ora dimostrano le crisi industriali dei principali operatori che hanno travolto non solo loro, ma l’interno settore; e non possiamo che esprimere disappunto per la tempestività con cui il governo sta intervenendo per salvare aziende decotte senza guardare alle loro gestioni disastrose e ai relativi responsabili, discriminando le migliaia di piccole e medie imprese che da tanti anni invece affrontano da sole – e chiudono battenti - la gravissima crisi provocata da leggi sbagliate e da una burocrazia nemica, senza ricevere alcun aiuto dallo Stato”.
“Tuttavia – aggiunge Ance Sicilia – di fronte alla necessità di salvare decine di migliaia di posti di lavoro, non possiamo avere una visione egoistica. Però – ecco il monito di Ance Sicilia - il progetto del nuovo polo nazionale delle costruzioni, che vede protagonisti l’intervento finanziario pubblico di Cassa depositi e prestiti insieme al gruppo privato Salini Impregilo, non può limitarsi a mettere insieme ciò che si può salvare dei general contractor in crisi, sacrificando sull’altare di più grandi e poco comprensibili interessi il sistema delle piccole e medie imprese che invece, quando va male, escono dal mercato”.
“In linea con quanto dichiarato dal presidente nazionale di Ance, Gabriele Buia – incalza Ance Sicilia – temiamo che, da un lato, la nascita di un enorme soggetto industriale possa tagliare fuori dagli appalti l’intero sistema delle Pmi, se non viene tutelato adeguatamente il diritto alla pari concorrenza nelle gare; e, dall’altro lato, sosteniamo che, prima di affrettarsi a benedire le nozze nascondendo frettolosamente la polvere sotto il tappeto, il governo abbia il dovere di preoccuparsi dei crediti vantati dai tantissimi piccoli fornitori, affidatari e subappaltatori, che non possono essere pagati al 10% o con azioni delle società lasciando il resto alle procedure liquidatorie di una bad company”.
“In Sicilia – conclude l’associazione regionale dei costruttori – ci sono centinaia di imprese e migliaia di lavoratori a rischio a causa dei crediti che da anni gruppi come Cmc, Condotte e altri non hanno pagato, crediti che passano in secondo piano rispetto alla esigenza politica e istituzionale di garantire la prosecuzione dei cantieri. Salvare i grandi e potenti condannando a morte i piccoli e scomodi era uno sbrigativo metodo che in Sicilia ritenevamo estinto. Aspettiamo con fiducia che istituzioni e forze politiche responsabili ritrovino nelle parole del Capo dello Stato l’indicazione giusta per evitare di commettere gravi discriminazioni che avrebbero come conseguenza la devastazione di intere comunità e l’aggravarsi delle diseguaglianze economiche e sociali nel Paese”.
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