Il diritto dell'appaltatore ad ottenere il pagamento della rata di saldo delle opere realizzate, nonché gli eventuali compensi aggiuntivi, sorge in seguito all'esito positivo del collaudo, perché il collaudo vale come accettazione dell'opera da parte della stazione appaltante. È infatti estraneo all'appalto di opera pubblica il momento della consegna così come conosciuto, in generale, dagli artt. 1665 e 1667 del Codice civile.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, sezione 1 civile, con la sentenza n. 16550/2015 depositata il 6 agosto.
Ciò non significa, però, che nel regime antecedente la disposizione di cui all'art. 5 della L n. 741 del 1981, in cui non era previsto alcun termine legale per il compimento delle operazioni di collaudo e nella cui vigenza il contratto sia concluso ed i lavori ultimati, la stazione appaltante potesse procrastinare indefinitamente le dette operazioni.
LA VICENDA. Con una sentenza del 2003, il Tribunale di Catanzaro accolse l'opposizione avverso il decreto col quale, su istanza di un cittadino, era stato ingiunto al Comune di Torre di Ruggiero il pagamento della rata di saldo e di revisione dei prezzi contrattuali, oltre interessi, relativi all'appalto, stipulato inter partes il 4.9.1970, ritenendo prescritto il credito azionato. Il gravame dell'appaltatore fu parzialmente accolto dalla Corte d'Appello di Catanzaro, che accolse la domanda, riducendo, solo, gli interessi di capitolato sulla rata di saldo, a far data dalle scadenze di cui all'art. 36 del dPR n. 1063 del 1962. I giudici d'appello, dopo aver rilevato che il contratto era anteriore all'emanazione dell'art. 5 della Legge n. 741 del 1981, osservarono che il dies a quo del termine prescrizionale andava collegato non già alla data di ultimazione dei lavori, ma al collaudo, intervenuto il 14.6.1988 e ritennero, perciò, tempestiva la domanda, azionata in monitorio nel settembre 1993, anche a prescindere dal sollecito di pagamento avanzato 1'1.10.1990 e dalla delibera della GM dell'8 aprile 1993 di approvazione della contabilità finale, da cui risultava il credito residuo per saldo e revisione prezzi.
ARCO DI TEMPO NEI LIMITI DELLA TOLLERABILITÀ PER L'APPROVAZIONE DEL COLLAUDO. La suprema Corte ha più volte affermato (Cass. n. 132 del 2009; n. 23746 del 2007; n. 6559 del 1988; n. 5530 del 1983) che l'approvazione del collaudo con la delibera sulle domande dell'appaltatore deve intervenire in un arco di tempo compreso nei limiti della tollerabilità e delle normali esigenze di definire il rapporto senza ritardi ingiustificati, tenuto conto della natura del rapporto medesimo, dell'economia generale del contratto e del rispettivo interesse delle parti.
Di conseguenza, ove l'Amministrazione abbia omesso di adottare e comunicare le sue determinazioni in congruo periodo di tempo, tale comportamento omissivo denuncia di per sé il rifiuto dell'Amministrazione e il suo inadempimento, e l'appaltatore può allora far valere direttamente i suoi diritti, in via giudiziaria o arbitrale, ex art 44 del dPR n. 1063 del 1962, senza necessità di dover preliminarmente mettere in mora l'Amministrazione o di assegnarle un termine, e tanto meno di sperimentare il procedimento di cui all'art. 1183 del Codice civile. Da tali principi consegue che il termine di prescrizione del diritto dell'appaltatore incomincia a decorrere, a norma dell'art. 2935 cc, ancorché il momento iniziale di tale termine non sia stato preventivamente e precisamente determinato, essendo esso determinabile e individuabile in base ai suddetti oggettivi criteri di valutazione.
La circostanza che non fosse operante alcun termine legale – conclude la Cassazione - non precludeva, di certo, alle parti di fissarlo consensualmente, e così di predeterminare il tempo, reputato ragionevole in relazione alla concreta consistenza dell'opera appaltata, necessario per l'esecuzione di detta attività, dal cui espletamento dipendono i diritti e le ragioni dell'appaltatore.