“L’art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020 – attribuendo ai «soggetti aggiudicatori della Regione» il potere di prevedere criteri premiali di valutazione delle offerte a favore degli operatori economici che si impegnino a utilizzare in misura prevalente manodopera o personale a livello regionale – è idoneo a produrre effetti diretti sull’esito delle gare e, indirettamente, sulla scelta degli operatori economici in ordine alla partecipazione alle stesse, incidendo in questo modo sulla concorrenzialità nel mercato. Dall’introduzione dei detti criteri premiali, infatti, possono derivare conseguenze sulla minore o maggiore possibilità di accesso delle imprese al mercato regionale dei contratti pubblici”.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 4/2022 pubblicata oggi.
Con un ricorso, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 75 della legge della Regione Piemonte 9 luglio 2020, n. 15 (Misure urgenti di adeguamento della legislazione regionale – Collegato). Tale disposizione prevede che, «[f]ino al termine dello stato di emergenza sanitaria di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) e, comunque, fino al 31 dicembre 2020, in considerazione dei motivi imperativi di interesse generale attinenti al raggiungimento di obiettivi di politica sociale e delle relative esigenze, di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese, i soggetti aggiudicatori della Regione possono introdurre criteri premiali di valutazione delle offerte e relativa attribuzione di punteggi, nei confronti degli operatori economici che, in caso di aggiudicazione, per l’esecuzione dell’appalto o della concessione, si impegnano a utilizzare, in misura prevalente, manodopera o personale a livello regionale, attribuendo un peso specifico alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti e delle concessioni, in ottemperanza alle esigenze inderogabili di promozione della continuità dei livelli occupazionali e nel rispetto delle disposizioni dell’Unione europea».
La Consulta ha accolto il ricorso e dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione regionale in questione. “La disposizione regionale impugnata”, osserva la Corte costituzionale, “si pone inoltre in contrasto con l’esigenza di assicurare procedure di evidenza pubblica uniformi su tutto il territorio nazionale, in modo che siano rispettati i principi di libera concorrenza e di non discriminazione ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016 (codice dei contratti pubblici). Quest’ultima disposizione – assunta dal ricorrente a norma interposta – prevede infatti che, «[n]ell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano […] i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità» (comma 1) e «non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici» (comma 2).
La possibilità di introdurre, anche in via transitoria, criteri premiali di valutazione delle offerte per far fronte alle ineludibili esigenze sorte dall’emergenza sanitaria è dunque riservata allo Stato, cui spetta in generale, nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, definire il punto di equilibrio tra essa e la tutela di altri interessi pubblici con esso interferenti (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020 e n. 30 del 2016, con riferimento al libero esercizio dell’attività di trasporto), come quelli sottesi al raggiungimento di «obiettivi di politica sociale […], di tutela dei lavoratori, di sostegno al reddito e alle imprese», che l’art. 75 della legge reg. Piemonte n. 15 del 2020 dichiara di perseguire”.
La sentenza è disponibile in allegato.