“La sentenza del TAR laziale presenta elementi di interesse sia perché affronta il tema della corretta classificazione di una serie di opere pubbliche rispetto alle classi e categorie previste dalla normativa di settore, sia perché – con un percorso lineare – riconosce spazi di intervento alla figura professionale dell’Ingegnere allorché vengano in rilievo edifici di carattere storico-artistico (vincolati)”.
Con la circolare n. 540 del 20 maggio 2015, il Consiglio nazionale degli ingegneri commenta la sentenza n.4713 del 30 marzo 2015 della II sezione del Tar Lazio, con cui è stato accolto il ricorso presentato da un consorzio di imprese, aggiudicatario provvisorio di un appalto per la progettazione ed esecuzione di opere di edilizia e impiantistica su un noto complesso museale romano, in seguito all’esclusione di detto consorzio da parte dell’Amministrazione capitolina, all’esito degli accertamenti sul possesso dei requisiti di gara previsti dal Codice degli appalti pubblici (art. 48 d.lgs. n.163/2006).
LA VICENDA. La complessa vicenda ha visto contrapposti un consorzio di imprese – dapprima riconosciuto primo classificato in graduatoria e poi escluso – e la Sovrintendenza Capitolina ai BB.CC., Direzione Tecnico Territoriale U.O. Monumenti di Roma di Roma Capitale, relativamente all’affidamento mediante procedura aperta “dell’appalto per la progettazione esecutiva e per l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria delle coperture, adeguamento alle normative per la prevenzione incendi, per gli impianti elettrici e per il superamento delle barriere architettoniche relativamente al Museo della Civiltà Romana”.
Il verbale di verifica impugnato dall’impresa, nel motivare l’esclusione, adduceva in primo luogo la mancanza dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa in capo alla società di servizi di ingegneria e architettura individuata dal consorzio.
Inoltre al ricorrente veniva contestato l’aver affidato la progettazione di un appalto relativo ad un edificio sottoposto a vincolo storico-artistico a professionisti appartenenti alla categoria degli Ingegneri, incorrendo nella pretesa violazione dell’art. 52 comma 2, primo periodo, del RD n. 2537/1925, che prevede una riserva in favore degli Architetti in materia di opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico.
A fondamento della prima causa di esclusione, l’Amministrazione adduceva che le opere precedentemente svolte dal concorrente su edifici di diversa destinazione funzionale rispetto a quello interessato dall’appalto - e principalmente su complessi di tipo ospedaliero e residenziale - non fossero in linea né con i requisiti di natura tecnica previsti dal bando, né con il sistema di corrispondenze introdotto dal DM 143/2013 fra le vecchie “classi” e “categorie” previste dalla legge n.143/1949 e le attuali “categorie”, “destinazione funzionale” e “identificazione - ID opere”, previste dal nuovo Decreto.
IL QUADRO NORMATIVO. Ai sensi dell’art.8 del DM n.143/2013, la classificazione delle prestazioni professionali è attualmente stabilita nella Tavola Z-1 ad esso allegata, tenendo conto della categoria e del grado di complessità dell’opera e del fatto che gradi di complessità maggiore qualificano anche per opere di complessità inferiore all’interno della stessa categoria d’opera.
Il secondo comma dello stesso articolo, tuttavia, stabilisce che, per la classificazione delle prestazioni rese prima dell’entrata in vigore del Decreto, deve farsi riferimento alle corrispondenze indicate nella Tavola Z-1 rispetto alle “classi” e “categorie” stabilite dalle normative previgenti e, in particolare, dalla L. 143/49 e dai DM 18/11/1971 e 232/1991 di successiva emanazione.
In applicazione di tale disciplina, l’Amministrazione ha sostenuto che i servizi realizzati nei dieci anni precedenti dai professionisti individuati dal consorzio non sarebbero rientrati né nella specifica categoria richiesta dal bando (“EDILIZIA - ID opere E.13” con destinazione funzionale “Cultura, Vita sociale, Sport, Culto”), né nella classe I/d della previgente legge 143/1949, come invece richiesto dal DM 143/2013 in base al sistema di corrispondenze di cui sopra (servizi di edilizia su “palazzi e case signorili, ville e villini signorili, palazzi pubblici importanti (…) ed in genere tutti gli edifici di rilevante importanza tecnica ed architettonica; (…) restauri artistici e piani regolatori parziali”).
Ad avviso della stazione appaltante, al contrario, le opere realizzate dai concorrenti sarebbero rientrate nella classe I/c della legge 143/1949, che si riferiva a interventi di edilizia su “edifici di cui alla lettera I/b [fra cui gli ospedali] quando siano di importanza superiore (…). Edifici di abitazione civile e di commercio, villini semplici”.
ACCOLTO IL RICORSO. Il giudice amministrativo di primo grado, come detto, ha accolto le ragioni alla base del ricorso presentato dal consorzio di imprese escluso.
In primo luogo il Tribunale evidenzia come, in base al valore delle opere da realizzare, vi è un maggior rilievo quantitativo degli impianti rispetto alle opere edilizie.
Smentendo il ragionamento sostenuto dall’Amministrazione, il TAR ha quindi affermato che, applicando correttamente il sistema di corrispondenze di cui al DM n.143/2013, le precedenti opere realizzate dai professionisti su strutture di tipo ospedaliero, nonostante la loro diversa destinazione funzionale, andrebbero ricomprese nell’attuale categoria E.10 (servizi di edilizia con destinazione funzionale “Sanità, Istruzione, Ricerca”), nonché nella classe I/d della L. 143/1949, in linea con i requisiti di gara.
Come enunciato espressamente nella sentenza, infatti, “la contestuale presenza delle corrispondenze fra i lavori precedentemente effettuati, almeno con riferimento a quelli afferenti al settore ospedaliero, e quelli da effettuare, tutti relativi alle categorie I/d … e aventi un identico grado di complessità delle lavorazioni, coefficiente 1.20, determina che il Consorzio ricorrente, in ragione dell’art.8, comma 2, DM n.143/2013, avrebbe pienamente soddisfatto i requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis di gara”.
A parere del Tribunale, pertanto, il DM 143/2013 avrebbe istituito una mera relazione di corrispondenza del nuovo criterio di classificazione basato sulla “Identificazione - ID Opere” con la sola “classe” e “categoria” alla quale l’opera appartiene, e non anche con la specifica tipologia o destinazione funzionale di quest’ultima.
IL TAR CONFERMA L'ORIENTAMENTO DELLA RPT E DEL GRUPPO DI LAVORO CNI-CNAPPC. In questo modo, osserva il Consiglio nazionale degli ingegneri, ha trovato conferma l’orientamento già sostenuto sul punto dalla Rete delle Professioni Tecniche e dal Gruppo di Lavoro CNI-CNAPPC, secondo cui - in caso di incertezze nella comparazione fra classi e categorie definite dal D.M. 143/2013 in modo diverso rispetto alla normativa previgente - deve necessariamente prevalere il contenuto oggettivo della prestazione professionale identificativa delle opere (cfr. la circolare CNI 4/09/2014 n. 417).
Tale impostazione ha ricevuto, altresì, come noto, l’avallo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) che, nella recente Determinazione n. 4 del 25 febbraio 2015, ha affermato come “nell’ambito della stessa categoria edilizia, le attività svolte per opere analoghe a quelle oggetto dei servizi da affidare (non necessariamente di identica destinazione funzionale) sono da ritenersi idonee a comprovare i requisiti, quando il grado di complessità sia almeno pari a quello dei servizi da affidare” (cfr. la circolare CNI 24/03/2015 n.507).
Passando al secondo motivo di esclusione, con cui la stazione appaltante ha rappresentato che i progetti di intervento su beni vincolati “devono essere sottoscritti da un Architetto”, anche esso viene dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo.
Il TAR del Lazio ha infatti precisato che, per giustificare l’esclusione del Consorzio sulla base dell’affidamento della fase di progettazione a professionisti “non Architetti”, il bando avrebbe dovuto prevedere espressamente tale riserva di competenze.
In mancanza di tale indicazione espressa, non sarebbe possibile invocare la violazione dell’art. 52, comma 2, R.D. n. 2573/1925, in quanto la stessa disposizione (nel secondo periodo) fa espressamente salva la possibilità che la parte tecnica delle opere di edilizia civile a rilevante carattere artistico possa essere compiuta tanto dall’Architetto che dall’Ingegnere.
LA MATERIA DI DISCUSSIONE. Va poi sottolineato che materia di discussione non è tanto la qualificazione di edificio sottoposto a tutela del Museo della Civiltà Romana, quanto se l’oggetto dell’appalto concerne le “opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico”, oppure se esso riguarda “la parte tecnica”, che può essere compiuta anche dall’Ingegnere.
E su questo aspetto, si osserva, la stazione appaltante non ha dimostrato – come era suo dovere – che le opere oggetto di appalto presentano un rilevante carattere artistico.
DIFFERENZA TRA “OPERE DI EDILIZIA CIVILE DI RILEVANTE CARATTERE ARTISTICO” E “OPERE DI EDILIZIA CIVILE SU BENE CULTURALE”. D’altra parte - prosegue il giudice amministrativo - la giurisprudenza è già intervenuta in passato a chiarire la differenza fra “opere di edilizia civile di rilevante carattere artistico”, che potrebbero legittimamente essere riservate agli Architetti, e “opere di edilizia civile su bene culturale”, quali quelle dell’appalto in oggetto, caratterizzate da una prevalenza dell’impiantistica rispetto alle prestazioni di carattere più strettamente edilizio.
Ne deriva che, secondo il TAR del Lazio, nella fattispecie, – in cui la stesura del progetto esecutivo si presentava come la ingegnerizzazione del progetto definitivo - “la relativa attività può essere demandata anche ad Ingegneri, senza alcun contrasto con la previsione di cui all’articolo 52, comma 2, del richiamato RD n.2537 del 1925”.
A sostenere ulteriormente la fondatezza del ricorso, il TAR ha osservato, infine, che, qualora la stazione appaltante avesse voluto chiarire la necessaria presenza di un Architetto nel gruppo di progettazione, come requisito evincibile implicitamente dal bando, essa avrebbe dovuto in ogni caso attivare il meccanismo del soccorso istruttorio disciplinato dal d.lgs. n.163/2006, autorizzando il consorzio all’invio di eventuale documentazione integrativa.