Nella seduta di giovedì 1° aprile l'Assemblea della Camera ha approvato con 309 voti a favore il disegno di legge “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020” (C. 2670-A).
Il provvedimento passa al Senato.
L'articolo 8 di questo ddl introduce modifiche al Codice dei contratti pubblici, per adeguare l'Italia a seguito della procedura di infrazione europea 2018/2273 che ha contestato al nostro Paese l'incompatibilità di alcune disposizioni nazionali in materia di contratti pubblici.
Il disegno di legge elimina la disposizione transitoria del Decreto Sblocca cantieri secondo cui le stazioni appaltanti fissano con il tetto del 40% la quota del subappalto, facendo tuttavia salva la soglia del 30% per le opere specialistiche.
Un'altra novità riguarda la previsione che le cause di esclusione siano indicate direttamente dal subappaltatore e non dal concorrente che gli affida i lavori.
L'obbligo di indicare la terna dei subappaltatori, in sede di offerta, viene soppresso.
Inoltre, è prevista l'ammissione alle gare per servizi tecnici delle fondazioni e delle onlus. “Se passa la modifica all’art. 46 del codice degli appalti ci ritroveremo gli enti no profit e le fondazioni a partecipare alle gare di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura senza alcuna garanzia economica e professionale per la parte pubblica, si tratta di enti nati con scopi ben diversi dal fornire servizi progettuali e per questo estremamente favorite in ambito fiscale. Così rischiamo di impoverire la nostra professione e di favorire una trasformazione degli operatori economici, già oggi abilitati a prestare i servizi di architettura e ingegneria, in enti no profit. E questo avverrà per cogliere una mera opportunità fiscale di vantaggio, con una evidente moltiplicazione dei casi di elusione se non addirittura di evasione fiscale.” Questo il commento del presidente della Fondazione Inarcassa, Franco Fietta.
“Pensiamo che la modifica sia finalizzata a recepire gli indirizzi della sentenza della Corte di giustizia europea di giugno 2020,” prosegue Fietta, “che interpreta l’art. 46 del codice appalti in senso ampio e cioè volto a includere più soggetti abilitati a prestare i servizi di architettura e ingegneria, compresi gli enti no profit e le fondazioni. È giusto però ricordare che questi enti, per loro stessa natura, non possono condurre attività in grado di generare profitto. Così rischiamo di far competere enti del terzo settore, per i quali l’utile non è necessario, con i soggetti del secondo settore che invece devono dimostrare la congruità degli utili, a pena di esclusione per anomalia e inaffidabilità, una contraddizione inaccettabile.
Ma ancora, non hanno strutture organizzative ed economiche adeguate ad affrontare contratti pubblici nel campo dei servizi di progettazione. Infine, c’è la questione tutt’altro secondaria della responsabilità professionale in caso di danni.
Restano in piedi troppe criticità. Senza un bilanciamento della norma, si rischia di penalizzare e discriminare gli operatori economici già abilitati ai sensi dell’art. 46. Se veramente necessario, occorre pensare ad una riforma delle gare di appalto relative ai servizi tecnici. Serve allora un meccanismo di equilibrio della partecipazione degli enti no profit alle gare di appalto, introducendo la richiesta di requisiti specifici e adeguati obblighi fiscali e previdenziali, che garantiscano la par condicio tra enti del terzo settore e noi operatori economici del secondo settore”, conclude il presidente Fietta.