Anche gli architetti italiani concordano con la proposta del ministro Delrio sull’introduzione del certificato di stabilità per gli edifici volto a migliorare le condizioni di sicurezza degli immobili.
Per il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori “si tratterebbe di una documentazione 'minimale' che consentirebbe di conoscere le condizioni di vulnerabilità degli edifici per avere un quadro realistico dello stato del patrimonio edilizio del nostro Paese, anticipando l’istituzione dell’auspicato fascicolo del fabbricato - una sorta di 'cartella clinica' - contro il quale, anche in queste ore, si levano interessate voci di dissenso”.
“Non c’è dubbio - conclude - che lo sterminato patrimonio edilizio italiano vada messo in sicurezza considerando che fortunatamente si è arrestato il processo di espansione. Può essere l'occasione non solo per raggiungere dei necessari standard di stabilità per ogni immobile, ma anche per rimettere in moto in maniera virtuosa l’edilizia, colpita, più di tutte, dalla crisi economica”.
LE PROPOSTE DEL SEGRETARIO DI FILLEA CGIL. Di seguito il testo dell'intervento di Alessandro Genovesi, segretario generale di Fillea Cgil, ospitato dal quotidiano Edilizia & Territorio – link:
Il nostro è un Paese fragile, a rischio sismico ed idrogeologico, con oltre l'80% degli edifici pubblici e privati costruiti prima delle norme tecniche del 2000 e oltre il 56% prima degli anni 70, soprattutto nelle grandi città. Non consideriamo poi i quasi due milioni di case sanate, nel tempo, con i diversi condoni. Per queste ragioni abbiamo bisogno sia di una politica di interventi di medio e lungo periodo sulla messa in sicurezza dei territori e per la riqualificazione degli edifici, partendo da quelli pubblici (scuole, ospedali, municipi, carceri, ecc.) e mettendo a sistema i vari piani e strumenti nazionali e locali (dal Piano Periferie a quello per le scuole, dal sisma bonus all'ecobonus). Sia però interventi più immediati che possano contribuire a sviluppare una "cultura" della conoscenza dei dati sulle edificazioni e di conseguenza sulla sicurezza, sapendo agire leve economiche convenienti.
Casa Italia avrebbe dovuto rispondere alla prima di queste priorità, con piani pluriennali di intervento, con una regia unica e soprattutto con le risorse adeguate (30-40 miliardi) su un arco di almeno 15-20 anni. Sappiamo come è andata a finire: di Casa Italia rimangono pochi milioni di euro per alimentare poco più di un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio ed i prototipi che realizzerà Renzo Piano saranno sicuramente utili punti di riferimento, ma non di più.
Come Fillea Cgil, oltre a sostenere la prima versione di Casa Italia, ci siamo spesi anche per interventi più immediati, già in vista dell'ultima Legge Finanziaria, pur giudicando positivamente il Sisma Bonus.
Abbiamo chiesto e chiediamo (anche insieme ad un vasto arco di associazioni professionali) prima di tutto rendere obbligatoria la certificazione strutturale (sismica, della salubrità e del rumore) dell'immobile in caso di compravendita, come già è per le certificazioni energetiche. Chi compra una casa deve sapere il suo grado di sicurezza, anche eventualmente per intervenirvi successivamente. E chi vende ha tutto l'interesse a far in modo che il contratto si chiuda. Per favorire ciò proponemmo il Fascicolo Unico di Fabbricato ma ci "saremo accontentati" che anche la sola certificazione strutturale, energetica, sismica potesse essere portata in detrazione fiscale al 100%, indipendentemente dagli eventuali lavori edili successivi (oggi le spese sono detraibili all'interno degli importi spesi per gli interventi).
Viste le linee guide emanate dal Governo e dal Consiglio per i Lavori Pubblici, vi sono già gli strumenti per favorire una versione semplificata del Fascicolo Unico di Fabbricato, una "fotografia" della sicurezza statica degli edifici. E non sono accettabili veti ne dai grandi fondi immobiliari ne dai notai; preoccupati i primi di perdere un po' di valore (ma non dovrebbero avere tali preoccupazioni se detentori di immobili costruiti o mantenuti a regola d'arte), i secondi di eventuali nuovi adempimenti.
Quindi proponiamo nuovamente di rendere cedibili alle banche tutti i vari bonus sia per ristrutturazione che per risparmio energetico ed interventi anti sismici. La norma recentemente introdotta nella c.d. "manovrina" sembrerebbe non chiara per l'eco bonus ed è sicuramente assente per gli altri strumenti. Dobbiamo rendere facile che un amministratore di condominio selezioni imprese per la messa in sicurezza degli edifici, potendo raccogliere le "adesioni" (su questo si deve riconoscere il principio della maggioranza qualificata dei condomini, non per forza dell'unanimità) e poi sarà direttamente la banca ad anticipare alle imprese, incamerando direttamente dallo Stato.
Anche in questo caso si tratta di estendere un sistema che è stato già riconosciuto per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto del Centro Italia nell'Agosto 2016. Se il problema è esclusivamente contabile (in caso di cessione alle Banche, le risorse finiscono in debito pubblico ai fini dei saldi di finanza), ci si attrezzi chiedendo all'Europa lo scomputo di queste risorse rispetto al 3%. Anche questa sarebbe di fatto un'uscita mirata dal Fiscal Compact di cui tanti parlano, qualche volta a sproposito o per fare solo propaganda.
Infine si devono trasformare i vari bonus in erogazione diretta per gli incapienti e si deve portare a 5 anni (come per il Sisma Bonus) il tempo di restituzione/erogazione di tutti i contributi per interventi edili.
Ecco alcune proposte immediate che aiuterebbero molto, portando a sistema, in maniera omogenea, strumenti che magari già ci sono ma che devono diventare "di massa".
Se il Governo, a partire dal Presidente Gentiloni e dal Ministro Del Rio, vuole fare sul serio, oltre le dichiarazioni di circostanza di fronte all'ennesima tragedia, troverà la Fillea Cgil interlocutrice attenta e propositiva. Anche perché – argomento da non sottovalutare – questa sarebbe una vera e proprio manovra anti recessiva, generando lavoro, utilizzo dei materiali più avanzati, innovazione e, alla fine, porterebbe un ritorno fiscale e produttivo per il Paese, con qualche punto di PIL in più. In sostanza – anche senza dirlo – sarebbe una parte importante di quale Piano del Lavoro della CGIL che farebbe bene a tutti. In tutti i sensi.
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