Anche l'architettura è uno strumento del capitalismo. Detto così potrebbe sembrare uno slogan idelogico ma la riflessione che il noto architetto olandese Renier de Graaf, partner dell'Office for Metropolitan Architecture (OMA)fondato da Rem Koolhaas, fa sul ruolo dell'architettura nel sistema economico, politico e finanziario nasce da un'indagine complessa. Che, per necessità comunicative, cercheremo di semplificare.
L'intervento di de Graaf, pubblicato la scorsa settimane sulle pagine della rivista londinese The Architectural Review, parte dalle teorie economiche di Thomas Piketty e, in particolar modo, da quelle espresse nel volume 'Capitale nel XXI secolo'. Un best-seller dello scorso anno che- per chi non lo avesse letto o non ne avesse sentito parlare- si è guadagnato fama a livello mondiale per l'intento di svelare i segreti della disuguaglianza socioeconomica. Secondo la tesi di Piketty, finito l'effetto livellatore della seconda guerra mondiale, il capitale (che viene usato come sinonimo di patrimonio, ricchezza) è cresciuto più in fretta dell'economia reale e poiché i ricchi hanno molta più ricchezza della classe media, le cui sorti dipendono dai redditi, i ricchi diventeranno sempre più ricchi. Una dinamica che difficilmente si invertirà, a meno che la politica varasse misure redistributive e gli imprenditori iniziassero ad investire somme molto più ingenti nell'economia reale.
Architettura ‘complice’ del sistema economico e finanziario
Ma cosa c'entra tutto ciò con l'architettura? Ad ipotizzare un legame è appunto de Graaf (foto), con una tesi che potrebbe ottenere il bene placido di Piketty, noto per attingere a letteratura, filosofia e storia nell'esposizione delle proprie tesi economiche. Secondo l'architetto, che indaga perlopiù la storia britannica per poi allargare il proprio pensiero a un livello mondiale, dopo la rivoluzione conservatrice degli anni '80, l'ambiente costruito ha acquisito un valore profondamente diverso da quello avuto in precedenza. Gli immobili, da semplici luoghi di 'rifugio' sono diventati investimenti. Ovvero mezzi per produrre un ritorno economico.
Sono diventati non più qualcosa di cui usufruire ma qualcosa da possedere, con la speranza di un aumento del loro valore con il passare del tempo. Gli edifici sono entrati a far parte di un ciclo di scambio economico: vengono realizzati al ribasso per essere venduti al rialzo.
Da bene sociale a puro investimento economico
La missione originale dell'architettura- quella di mettersi al servizio dei bisogni della società- è diventata a poco a poco controproducente. Ed è stata quindi privata della sua dimensione ideologica ed ha abbracciato le logiche di mercato, secondo cui un bene deve avere un valore di scambio e l'estetica, che da sempre caratterizza l'opera architettonica, acquisisce importanza solo perché c'è chi è disposto a spendere per averla.
I prezzi delle case sono ormai incontrollabili e la qualità di un edificio non è più valutata in termini di vivibilità ma nel potenziale profitto ottenibile da una futura vendita. Anche il concetto di lusso è stato sostituito da un valore sulla carta.
Il lusso padroneggia
Quest'anno, in uno dei quartieri più in vista del centro di Londra, dice de Graaf, verrà completato uno dei progetti residenziali più costosi al mondo. Il progetto prevede 50 appartamenti di extra-lusso. Quelli meno costosi hanno un prezzo di circa 10 mln di sterline, mentre il valore di quelli più onerosi non è stato reso noto, perché viene negoziato in sede di trattativa privata.
Sebbene una città come Londra, ad altissima densità popolativa, abbia bisogno di offrire agli abitanti immobili a un prezzo accessibile, si continua a dar vita a progetti che hanno come unico scopo quello di essere investimenti. Non a caso la maggior parte degli acquirenti dei sopracitati appartamenti di extra-lusso non sono di origine britannica, ma sono russi ed americani ultramiliardari e sceicchi arabi.
Il sistema funziona in questo modo non solo per la nuova costruzione, ma anche per la riqualificazione. Anzi, sentenzia de Graaf, è proprio in questo comparto che svela il suo volto più spietato. L'elenco dei progetti nati come edilizia sociale, poi caduti in disuso e convertiti in residenze di lusso è lungo. Ma l'architetto olandese porta tre esempi significativi.
Il primo, sempre a Londra, è la Trellick Tower, un edificio di 31 piani per 217 appartamenti (la maggior parte dei quali proposti all'epoca a canoni calmierati, secondo la politica del 'righ to buy') realizzato nel 1972 nel quartiere di North Kensington è stato riqualificato nel 1998. Gli appartamenti sono stati venduti a un prezzo medio di 250mila sterline per un monolocale e 480 per un trilocale.
Gli stessi prezzi sono stati applicati alle nuove residenze del Park Hill Estate, a Sheffield, nel South Yorkshire, un complesso residenziale realizzato nel 1957, caduto in disuso intorno agli anni '70 e rinnovato sempre alla fine degli anni '90. La riqualificazione gli è valsa la nomination al RIBA Stirling Prize 2013, ma sta di fatto che l'ex residenza sociale è divenuta dimora per classi abbienti.
Se consideriamo, commenta de Graaf, che il reddito medio per un abitante del Regno Unito va dalle 24mila sterline (che diventano 32mila per gli abitanti di Londra) alle 115mila (152 per i londinesi) è molto difficile che l'acquisto di un'abitazione possa essere effettuato servendosi esclusivamente dello stipendio. Per investire sul mattone bisogna avere un patrimonio. Da qui, la conferma delle tesi di Piketty.
Fuori dal suolo britannico, la situazione non cambia. Il terzo esempio proposto da de Graaf è infatti la famosa creazione di Le Corbusier a Marsiglia. L'Unité d'Habitation de Marseille, meglio conosciuta anche come Cité Radieuse, è stata realizzata fra il 1947 e il 1952 con l'obiettivo di assurgere a edificio civile, un vero e proprio monumento nella storia dell'edilizia francese destinato a risolvere il problema dell'abitazione. Fatto sta che, a distanza di 30 anni, il complesso è diventato un'ambita residenza di esponenti del ceto borghese medio-alto. I costi degli appartamenti vanno da un minimo di 300mila euro.
E gli stipendi in Francia, riferisce ancora de Graaf non sono più alti di quelli del Regno Unito, anzi.
L'architettura- conclude l'architetto- è, adesso più che mai, uno strumento del capitale, complice di un obiettivo antitetico rispetto a quello inziale. Quindici anni del nuovo millennio hanno spazzato via tutta l'ideologia dei secoli passati, quasi come se questa non fosse mai esistita.