Dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni clausola contraria.
Lo ha confermato la Corte di cassazione, seconda sezione civile, con la sentenza n. 2236/2016.
La suprema Corte ricorda che il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera, in favore della indifferenziata comunità dei condòmini, tanto che, se per l'attuazione di esso è necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure ("non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione") dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non puo', ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l'ubicazione degli appositi spazi su piu' ampia area del costruttore-venditore.
Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
UN METRO QUADRATO PER OGNI DIECI METRI CUBI DI COSTRUZIONE. La Cassazione rammenta inoltre che la legge urbanistica - art. 41 sexies Legge 1150/42 - conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2 1. n. 122 del 1989: dieci) metri cubi di costruzione".
La Corte di legittimità precisa che la nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano.