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Assemblea rinnovo cariche UNI (la Cina è vicina?): FINCO presenta la lista “Per il Cambiamento”

Da molti anni FINCO sta ponendo il tema della sostanziale irrilevanza delle PMI all’interno dell’Ente. La Federazione, insieme ad altre sigle associative, ha deciso per la prima volta di presentare una specifica lista di soggetti “Per il Cambiamento” competenti e interessati alla normazione

lunedì 7 aprile 2025 - Redazione Build News

finco-logo

Riceviamo e pubblichiamo il seguente comunicato di FINCO.

“Il 15 aprile p.v. si terrà  l’Assemblea Elettiva UNI - Ente Unificazione italiano, delegato alla normativa tecnica volontaria del Paese.

FINCO ha da tempo una posizione “dialettica” con questa importante sede di elaborazione tecnica. E’ - ad esempio -  intervenuta per segnalare e tentare di scongiurare (purtroppo al momento senza successo) l’applicazione di un incremento, già dal 2022, del prezzo delle norme UNI più diffuse con un complessivo aumento dei costi per gli utenti.

Tutto ciò in un Ente che in regime di monopolio, riceve un contributo dello Stato di oltre 2.5 milioni di euro annui per facilitare l’accesso alle norme.

FINCO è l’unico soggetto che in sede di Organi dell’Ente ha eccepito su questa “politica commerciale”, rispetto ad una diffusione della normazione tecnica, sempre più spesso cogente piuttosto che volontaria ma anche crescentemente “premiale” (si vedano, da ultimo, i provvedimenti sulla “Patente a crediti” ed il Decreto “Semplificazioni” sul basso rischio).

Ma soprattutto, sono ormai molti anni che FINCO sta ponendo il tema della sostanziale irrilevanza delle PMI all’interno dell’Ente, contro ogni previsione dello Small Business Act e del Regolamento 1025/2012, in particolare di quelle specialistiche ed attente alla qualificazione di impresa. Un Ente viceversa sempre più sensibile alle esigenze degli “erogatori” della normazione che ai fruitori della medesima, che produce talvolta standard più utili a chi le certifica che a qualificare le imprese ed il mercato.

Ecco perché la Federazione, insieme ad altre sigle associative, ha deciso per la prima volta  di presentare una specifica lista di soggetti “Per il Cambiamento” competenti e interessati alla normazione, visto che il suddetto andamento non solo non sembra venir meno ma anzi va in tutt’altra direzione - con astruse modifiche statutarie volte a blindare la governance, con l’aumento deciso in Consiglio Direttivo del costo delle norme (che soprattutto sui bilanci delle imprese più piccole, pesa) e con il complessivo ed ingiustificabile aumento dell’importo delle quote associative.
A ciò si aggiungono costanti e rilevanti incrementi delle spese del personale, ogni anno. Per il futuro basti dire che si passa dai 7.746.000 euro nel consuntivo 2023 a 8.626.000 euro per il budget 2025 con un aumento previsto di circa il 12% in un biennio. Con 110 persone il cui costo pro-capite è dunque, in media, di oltre 78.000 euro (prevedendo addirittura l’ipotesi una figura ad hoc per gestire i rapporti “tecnico-politici” con gli Enti Federati ed il CEI!!).

Un aumento di personale negli ultimi anni da 97 del 2017 ai citati 110 dipendenti, nonostante che le norme licenziate da UNI siano state, nel 2020, 105 su 1.594 documenti normativi prodotti e, nel 2023, 80 norme UNI nazionali pubblicate su 1.423. Nel 2024, 1460 norme, di cui 87 UNI nazionali – cioè il 6%. Pubblicare una norma già elaborata richiede un impegno ben diverso dal farla ex-novo, e, peraltro, non tradurle tutte, implica che la norma in inglese è acquistabile altrove a più basso prezzo.

Occorre in proposito richiamare l’attenzione sul fatto che i principali costi, cioè quelli di coloro che le norme le fanno, e cioè gli oltre 5000 di esperti, anche delegati italiani negli organi tecnici sovranazionali nonché i costi per il mantenimento di molte segreterie tecniche internazionali, non li sostiene UNI ma le imprese ed i singoli professionisti.

Questo senza considerare, tra le spese che si potrebbero rivedere, la sede romana dall’Ente del tutto inutile. E quanto sopra senza tenere conto delle possibili conseguenze per la sostenibilità economica di UNI connessa alla Sentenza della Corte di Giustizia Europea sul libero accesso (gratuito) alle norme armonizzate.

Un dato si impone, aldilà di tutte le considerazioni: il bilancio (come valore della produzione) dell’UNI è sceso negli ultimi venticinque anni, prendendo l’inizio secolo cioè l’anno 2000 come riferimento, dai 22 milioni di euro in valore indicizzato (Indice Generale ISTAT, media dei prezzi al consumo 1,570) ai 16,1 milioni di euro del consuntivo 2024 (nel budget 2025 si torna addirittura indietro nonostante l’aumento delle quote e del costo delle norme, a 15,97 milioni…).

Da inizio secolo, cioè dal 2000, il volume di affari di un Ente in condizioni di monopolio, invece di salire, è rimasto praticamente lo stesso, nonostante un parziale recupero, in lire (in euro) correnti ed è diminuito di oltre 26 punti percentuali in euro costanti. E la risposta non può essere quella di ampliare le competenze commerciali UNI in altri settori snaturando le funzioni per le quali UNI è in monopolio di legge e riceve un contributo ministeriale: cioè fare norme tecniche e renderle fruibili, diventando, anzi, un Ente sempre più autoreferente, al punto di fare “rappresentanza” e stimolare la produzione normativa autonomamente.

Ecco, solo per fare un esempio, quanto prevede l’Ente in tema di  innovazione e responsabilità sociale:

- Il rendiconto di sostenibilità, che identifica e monitora i temi materiali per gli stakeholder

- L’infrastruttura dell'Integrità, che integra principi, valori e regole in un sistema coerente

- Le politiche di parità di genere, che promuovono l'uguaglianza non solo in ma anche nelle attività normative

- Le iniziative di economia circolare e mobilità sostenibile, che riducono l'impronta ambientale dell'Ente

- Il Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro e il controllo della catena di fornitura, che estendono l’impegno per la dignità umana oltre i confini organizzativi

Sembra più un programma di un Partito, alquanto “woke”, che di un Ente Tecnico che tra l’altro si appresta ad importanti decisioni circa nuovi assetti statutari e di personale apicale appena prima del cambio della governance!

Al contempo, invece che aumentare la vendita del numero delle norme se ne aumenta, come detto, il costo: ciò non è in linea con una delle missioni istituzionali dell’Ente, perché un aumento dei costi delle norme – al di là di specifiche agevolazioni – certo non può portare ad una loro maggiore diffusione.

Non a caso la maggior parte dei reclami nel 2024 ha riguardato le quote associative e la trasparenza tariffaria.

Anche a livello di partecipazione i dati non sono “entusiasmanti” visto che il numero dei Soci solo da poco è tornato ad una consistenza poco più che pari a quella di 12 anni fa (erano 4.648 nel 2013, sono 4.780 a fine 2024).

Specie in questo momento di criticità, dovuto alla necessità di portare a termine i progetti del PNRR e tutto lo sviluppo futuro che ne conseguirà, la normazione tecnica è uno strumento necessario che deve rappresentare anche una leva per la competitività e la crescita delle imprese.

La normazione tecnica ha un ruolo importante ed UNI dovrà, più di prima, saper rispondere alle esigenze del sistema di imprese italiano costituito in modo assolutamente prevalente da PMI.

In definitiva occorre, a nostro avviso:

1. Garantire un’equilibrata rappresentanza in UNI nelle attività tecniche e nella governance, oggi lungi dall’essere tale, creando uno spazio ad hoc che preveda in Consiglio Direttivo 2 posti riservati ai Soci di rappresentanza imprenditoriale non altrimenti rappresentati attraverso le rispettive Confederazioni in quella sede.

2. Un accesso alla normazione trasparente e sostenibile. Sotto questo profilo le soluzioni (aumento del costo delle quote, aumento dei costi delle norme, eventuale ampliamento dell’area business UNI) non sono soddisfacenti, e i numeri da FINCO esposti in più di un’Assemblea ne sono la testimonianza. Tali numeri risentono anche di logiche burocratiche (12 categorie di Soci): occorre viceversa intervenire profondamente nella politica commerciale dell’Ente.

3. Stimolare una adeguata partecipazione dei portatori di elevate competenze e di forte interesse alle norme tecniche alla governance dell’Ente, ed in questo senso vanno i  nominativi che propone la lista “Per il Cambiamento”.

4. Ridurre se non annullare alcune iniziative come quella denominata “Infrastruttura della qualità” che sono del tutto inutili ed anzi dannose perché distolgono l’attività dell’Ente dal suo “core business" che deve (ritornare a) essere quello di un Ente di normazione tecnica. E sono oltretutto escludenti proprio le PMI, di cui sopra, che in questo quadro sono viste solo come “clienti” - sempre più obbligati - e non anche come protagoniste.

5. Non impegnare tempo e risorse in attività secondarie  come enciclopediche “Carte etiche” per gli stakeholders (dove tra l’altro la “chiarezza delle norme" non viene citata neanche nel decalogo delle caratteristiche fondamentali per le medesime o in iniziative volte chiaramente a “blindare” la governance). UNI si dovrebbe preoccupare del fatto che, pur essendo l’Ente in una situazione di monopolio assoluto, ha visto scendere il numero dei  propri Soci negli ultimi anni (ed anzi c’è stato un recupero negli ultimi), con norme tecniche per appena il 6% a carattere puramente nazionale (tutte le altre sono recepimenti di norme EN o ISO), come sopra accennato secondo le statistiche UNI stesse, ed un contemporaneo aumento dei dipendenti. Ne è accettabile in proposito un confronto sui costi delle norme con (alcuni) Paesi, più volte evocati come giustificazione circa l’aumento dell’ammontare delle medesime. La “geografia” imprenditoriale nazionale è, ad esempio, del tutto diversa da quella di Francia e Germania. L’Italia è caratterizzata da un tessuto di PMI che non possono essere sempre blandite come “salvatrici della patria”, salvo poi non considerare le loro caratteristiche in molti atti e decisioni che le riguardano (ed anche su questo la vigilanza ministeriale dovrebbe essere più incisiva).

6. È chiaro che le imprese ed i professionisti, e qualunque altro soggetto, potrebbero comprare più norme e compito delle Associazioni è sicuramente quello di promuovere tali acquisti ed ancor prima di sollecitare i propri aderenti a dare il loro contributo – gratuito – alla redazione delle stesse portando le loro conoscenze e cercando di mediare le sempre possibili divergenze. Ma ciò premesso, non dimentichiamoci che accanto alla parola “normazione” c’è l’aggettivo “volontaria”. Se così non fosse verrebbero meno alcune delle significative differenze con la normativa tecnica obbligatoria di derivazione ministeriale. Ricorrere a normative vincolistiche o ad obblighi per l’acquisto delle norme, come politica prevalente, invece che ad una strutturata politica commerciale di incremento dei soci e quindi delle aree di potenziale acquisto non è una scelta condivisibile.

Tutto ciò premesso, la lista proposta dalla Federazione per le 11 posizioni in Consiglio Direttivo (una è lasciata intenzionalmente libera per chi, già candidato e d’accordo con queste nostre idee, volesse aggiungersi…), è composta da soggetti con competenze specialistiche ed è la seguente:

- Dr. Alberino Battagliola, Consigliere COLAP
- Dr.ssa Anna Danzi, Vicedirettore FINCO ed attuale componente CD UNI
- Ing. Nicola Fornarelli, Presidente ACMI
- Ing. Giuseppe Giuffrida, Direttore ZENITAL
- Comm. Dott. Giuseppe Lupi, Presidente AIPAA
- Dr. Mattia Montagnoli, Direttore PILE
- Dr. Toni Principi, VicePresidente AISES
- Dr. Walter Regis, Presidente ASSORIMAP e VicePresidente UNIPLAST
- Dr. Marco Rossi, Presidente ANFIT
- Dr.ssa Carla Tomasi, Presidente FINCO
- Dr.ssa Emanuela Tosto, AIPE

FINCO candiderà altresì la Dr.ssa Mara Scialanga quale Presidente e in subordine quale membro effettivo (come ora è) per il Collegio dei Revisori Legali, l’Ing. Francesco Burrelli (Presidente ANACI) e l’Arch. Cirino Mendola (Past President FINCO), rispettivamente come componente effettivo e supplente del Collegio dei Probiviri.

Ma soprattutto candiderà la Presidente FINCO, Carla Tomasi anche alla Presidenza di UNI. Una candidatura imprenditoriale di prestigio, di competenza e di reale indipendenza* e forse, proprio per questo, di “bandiera”, consapevoli che gli attuali assetti ed accordi, che caratterizzano la “governance” UNI non consentono realistiche aspettative di successo, senza una reale mobilitazione di tutti i Soci che vogliono un cambiamento in UNI.

La Federazione esprime altresì preoccupazione per avere appreso che l’altra candidatura industriale - espressa congiuntamente da Confindustria e dalla Rete delle Professioni Tecniche (?!) e quindi con grande possibilità di successo - è quella di un esponente della Pirelli Tyre.

Fatta salva la persona, appare singolare che una delle principali sedi di ideazione e definizione tecnica e tecnologica del Paese sia presieduta da un esponente di una certamente prestigiosa Azienda il cui maggior azionista relativo (pur in presenza di un Patto Parasociale rafforzato da un DPCM c.d. “Golden Power” teso a tutelare a favore della parte italiana le tecnologie ed informazioni di carattere strategico di Pirelli) è tuttavia un gruppo statale della Repubblica Popolare Cinese.”

(*In base allo specifico Regolamento UNI, il Presidente, come del resto i Consiglieri, deve possedere “adeguata autonomia decisionale”).

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