“Con la risposta fornita all’interrogazione del Sen. Girotto, il Mise sancisce, di fatto, il divieto di installare Sistemi di Distribuzione Chiusi (SDC) nel nostro Paese. Invece di chiarire il quadro per gli operatori, come richiesto dagli interroganti, il Ministero si è allineato alla visione dell’Aeegsi espressa dalla delibera 539/2015/R/eel, dando luogo ad un vero e proprio cortocircuito normativo: se da un lato, infatti, il Legislatore ha sancito l’obbligo di installare impianti a fonti rinnovabili per la copertura dei consumi negli edifici nuovi, dall’altro, vietando la realizzazione di sistemi di distribuzione chiusi, ne impedisce l’utilizzo”.
Lo denuncia assoRinnovabili aggiungendo che “il Ministero ha 'rincarato la dose' paventando una possibile eliminazione dell’esenzione dal pagamento degli oneri di sistema sull’autoconsumo di cui oggi i SEU godono, il che rappresenterebbe l’ennesima modifica retroattiva introdotta da questo Governo, in controtendenza rispetto allo sviluppo efficiente di produzione e consumo dell’energia e a vantaggio dei vecchi schemi di distribuzione: altro che smart grid! Se, in aggiunta, il Mise avallasse la posizione dell’Aeegsi che ha etichettato come SDC anche le fattispecie di unico cliente finale e più unità di consumo (come centri commerciali, fiere, mercati ecc.) l’attacco all’autoconsumo di energia sarebbe totale”.
In linea con i positivi esiti della COP 21 di Parigi, ci saremmo aspettati un intervento del Ministero - commenta Agostino Re Rebaudengo, Presidente di assoRinnovabili – che permettesse lo sviluppo dei SDC e dei SEU, magari mantenendo i limiti vigenti sulla dimensione, anziché leggere nel Collegato Ambientale la loro eliminazione e nelle risposte all’interrogazione la volontà di mantenere bloccata la loro diffusione. Il Mise, così facendo, dimostra ancora una volta che le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, di cui si è fatto orgoglio l’attuale Governo a Parigi, non sono una sua priorità. Riteniamo sia un gravissimo errore perché manterrà artificialmente in uno stato di arretratezza il nostro Paese, impedendo anche lo sviluppo di una filiera industriale.
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