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Aumentano gli immobili ridotti in ruderi, complice la pressione fiscale

Secondo i dati dell’AdE, le unità collabenti sono cresciute del 2,7% nell’ultimo anno, + 119% rispetto al 2011. Confedilizia chiede la riduzione del carico fiscale rappresentato dall’Imu, in particolare sugli immobili dei piccoli centri e dei borghi, spesso abbandonati e in declino

sabato 22 luglio 2023 - Redazione Build News

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Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate relativi allo stato del patrimonio immobiliare italiano nel 2022, il numero delle “unità collabenti”, ovvero gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro elevato livello di degrado, classificati nella categoria catastale F2, è aumentato del 2,7 per cento rispetto all’anno precedente.

“Il dato più allarmante”, evidenzia Confedilizia, “emerge quando si confrontano i numeri pre e post Imu: dal 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085, con un incremento del 119,36 per cento”.

Via il tetto per non pagare l'Imu

Questa situazione “ha evidenti conseguenze sulle aree in cui tali edifici insistono, creando un serio problema di degrado urbano e sociale. Si tratta di immobili, appartenenti per il 90 per cento a persone fisiche, che pervengono a condizioni di fatiscenza per il solo trascorrere del tempo o, in molti casi, in conseguenza di atti concreti dei proprietari (ad esempio, la rimozione del tetto) finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu. Sono soggetti alla patrimoniale immobiliare – giunta a un carico di 22 miliardi di euro l’anno – persino i fabbricati definiti “inagibili o inabitabili”, ma non ancora considerati “ruderi”, ricorda la Confederazione della proprietà edilizia.

Le proposte di Confedilizia

Per il presidente Giorgio Spaziani Testa è necessario che la politica rifletta su questi dati e individui soluzioni adeguate. Una delle proposte della Confederazione è quella di ridurre il carico fiscale rappresentato dall’Imu, in particolare sugli immobili dei piccoli centri e dei borghi, spesso abbandonati e in declino. L’eliminazione dell’Imu nei Comuni fino a 3.000 abitanti, ad esempio, avrebbe un costo annuo contenuto (800 milioni di euro, meno del 4 per cento del gettito complessivo dell’imposta) ma potrebbe rappresentare un segnale importante per i proprietari, spesso eredi, che non hanno le risorse o gli incentivi per riqualificare i propri beni. “Molti di questi immobili sono privi di possibilità di vendita o affitto e tra poco tempo potrebbero essere oggetto di obblighi di riqualificazione energetica in caso di approvazione della proposta di direttiva europea “case green”. La necessità di intervenire, dunque, è sempre più urgente”, conclude Confedilizia.

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