Il Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 7191 del 17/08/2022 (IN ALLEGATO), ha dato ragione a un’amministrazione comunale, confermando la precedente sentenza del Tar della Campania, su un caso relativo al calcolo dei costi di costruzione per alcune opere edilizie abusive in sanatoria. Vediamo la vicenda nel dettaglio.
L’appello
La ditta appellante aveva chiesto un permesso di costruire in regime di sanatoria per alcune opere abusive, in particolare per un ampliamento del piano terra/rialzato a destinazione terziaria, e per il cambio di destinazione d’uso – da artigianale a commerciale/terziario – di una parte del piano terra e dell’ammezzato.
Con il primo provvedimento il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria e aveva determinato l’oblazione dovuta per l’ampliamento e il cambio di destinazione d’uso dell’immobile da artigianale a terziario, stabilendo inoltre la cessione delle aree da destinare a spazio pubblico (standards), ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968.
A seguito della interlocuzione tra le parti e della proposizione del ricorso introduttivo il comune ha ripetuto l’istruttoria e ha confermato il precedente, già impugnato, provvedimento. La ditta ha deciso quindi di impugnare i provvedimenti comunali di fronte al Tar, che ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso. Di qui la decisione di ricorrere al Consiglio di Stato, contestando la violazione degli articoli 16 (Contributo per il rilascio del permesso di costruire) e 19 (Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza) del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia): il Comune avrebbe sbagliato a calcolare il costo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione, basandosi su una volumetria già esistente – si tratterebbe quindi di costi già pagati al momento del rilascio del titolo originario. Inoltre, non sarebbero dovuti in caso di solo cambio di destinazione d’uso.
Inoltre, l’amministrazione, in violazione degli artt. 1 e 5 del d.m. n. 1444 del 1968 e in eccesso di potere, avrebbe disposto la cessione di aree standard sulla base di presupposti che nella fattispecie non ricorrerebbero.
La sentenza
I giudici amministrativi ricordano che “l’istanza di sanatoria edilizia ha un preciso valore confessorio dell’abuso.
“Nel caso in esame l’appellante ha presentato un’istanza di permesso in sanatoria in relazione ad un aumento volumetrico abusivo con cambio di destinazione funzionale dell’immobile (da artigianale a terziario) con evidente aggravio del carico urbanistico e conseguente doverosità del pagamento del costo di costruzione, che l’amministrazione, in esatta applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, ha correttamente calcolato in maniera doppia.”
Inoltre, ciò che rileva ai fini del calcolo del contributo di costruzione è l’oggetto sostanziale dell’intervento, questo essendo determinante per stabilire l’effettiva incidenza sul carico urbanistico.
Il pagamento degli oneri di urbanizzazione è connesso all’aumento del carico urbanistico determinato dal nuovo intervento, nella misura in cui da ciò deriva un incremento della domanda di servizi nella zona coinvolta dalla costruzione; del resto, gli oneri di urbanizzazione si caratterizzano per avere natura compensativa rispetto alle spese di cui l’Amministrazione si fa carico per rendere accessibile e pienamente utilizzabile un nuovo o rinnovato edificio, purché vi sia una nuova destinazione, dato che non può essere chiesto due volte il pagamento per gli stessi interventi di sistemazione e adeguamento del contesto urbanistico.
È stata ritenuta sufficiente, al fine della configurazione di un maggior carico urbanistico, la circostanza che, quale effetto dell’intervento edilizio, sia mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri riferiti all’oggettiva rivalutazione dell’immobile e funzionali a sopportare l’aggiuntivo carico socio-economico che l’attività edilizia comporta.
Considerato che il fondamento del contributo di urbanizzazione non consiste nel titolo edilizio in sé, ma nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime secondo modalità eque per la comunità, nel caso di ristrutturazione edilizia, il pagamento degli oneri di urbanizzazione è dovuto solo nel momento in cui l’intervento va a determinare un aumento del carico urbanistico (il che può verificarsi anche nel caso in cui la ristrutturazione non interessi globalmente l’edificio, ma, a causa di lavori anche marginali, ne risulti comunque mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica).
Pertanto, nel caso in esame, il costo di costruzione è stato correttamente quantificato dall’amministrazione ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 380 del 2001 (di cui ha fatto applicazione la deliberazione del Consiglio comunale n. 44 del 2012, non impugnata) giacché l’istanza di sanatoria ha ad oggetto un abuso che implica un mutamento di destinazione funzionale dell’immobile con oggettive ricadute sul carico urbanistico.