È perentorio il termine di 45 giorni, di cui al comma 5 dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42/2004, per l'adozione del parere da parte della Soprintendenza.
Lo afferma il Consiglio di Stato, sezione sesta, con la sentenza n. 4927/2015 depositata il 28 ottobre.
Ad avviso del Collegio, la lettura sistematica dell’articolo 146 citato non consente di accedere alla soluzione che mira a riconoscere perdurante vincolatività al parere reso oltre i termini di legge.
LA SENTENZA N. 2136/2015. I giudici di Palazzo Spada richiamano quanto già espresso dalla Sezione con la sentenza n. 2136 del 2015, nella quale si osserva che, nel caso di adozione di un parere (negativo) da parte della Soprintendenza successivamente al decorso del richiamato termine di quarantacinque giorni, sarebbero astrattamente ipotizzabili tre opzioni:
a) in base a una prima opzione, in siffatte ipotesi dovrebbe concludersi nel senso dell’intervenuta consumazione del potere per l’Organo statale di rendere un qualunque parere (di carattere vincolante o meno);
b) in base a una seconda opzione, nelle medesime ipotesi dovrebbe concludersi nel senso della permanenza in capo alla Soprintendenza del potere di emanare un parere di carattere comunque vincolante (dovendosi in particolare riconoscere carattere meramente ordinatorio al richiamato termine);
c) in base a una terza opzione interpretativa, nelle ridette ipotesi non potrebbe escludersi in radice la possibilità per l’Organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento; tuttavia il parere in parola perderebbe il carattere di vincolatività e dovrebbe essere autonomamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale.
Non sfugge al Collegio l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale di fatto tributario dell’orientamento dinanzi richiamato sub b). E’ stato in particolare osservato che, in caso di superamento da parte della competente Soprintendenza del termine ordinariamente previsto per il rilascio del proprio parere (vincolante) ai sensi dei commi 5 e 8 dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il potere in capo all’Organo statale continua a sussistere (tanto che un suo parere tardivo resta comunque disciplinato dai richiamati commi 5 e 8 e mantiene la sua natura vincolante), ma l’interessato può proporre ricorso dinanzi al G.A. per contestare l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione statale. In base a tale orientamento, la perentorietà del termine riguarderebbe non la sussistenza del potere o la legittimità del parere, ma l’obbligo di concludere la fase del procedimento (obbligo che, se rimasto inadempiuto, può essere dichiarato sussistente dal Giudice con le relative conseguenze sulle spese del giudizio derivato dall’inerzia del funzionario).
IL TERMINE DI 45 GIORNI È PERENTORIO. Pur tenendo nella massima considerazione l’orientamento appena richiamato, il Consiglio di Stato nella sentenza depositata il 28 ottobre scorso “ritiene che prevalenti ragioni di carattere sistematico depongano nel senso dell’adesione al diverso orientamento volto a riconoscere carattere perentorio al termine di quarantacinque giorni di cui al comma 5 dell’articolo 146, cit. (in tal senso: Cons. Stato, VI, sent. 15 marzo 2013, n. 1561). La decisione in parola (richiamando il pregresso orientamento che riconosceva carattere perentorio al termine riconosciuto alla Soprintendenza per procedere all’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica reso dall’amministrazione competente ai sensi dell’articolo 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n 616 – in seguito: articolo 162 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 -) ha quindi ritenuto che l’evoluzione normativa, la quale ha trasformato l’atto di controllo annullatorio in una forma di cogestione del vincolo, non ha inciso sulla perentorietà del termine entro il quale l’atto di esercizio del relativo potere può e deve essere adottato”.