Il caso affrontato dal Consiglio di Stato (Sezione Quarta) con la sentenza n. 1763/2015 depositata il 7 aprile, riguarda un intervento oggetto di autorizzazione paesaggistica ed edilizia che consiste nella demolizione di un manufatto ad uso residenziale di quattro piani e di due comodi rurali e nella ricostruzione mediante edificazione di dieci unità immobiliari di circa 60 mq. ciascuna, disposte a schiera su tre livelli sfalsati, usufruendo del premio volumetrico del 35%, previsto dalla Legge regionale n. 19/2009 della Campania, come modificata dalle successive L.R. n. 1/2011 e n. 1/2012.
Secondo Palazzo Spada «si tratta di un tipo di intervento che non può essere qualificato di ristrutturazione edilizia, essendo invece una evidente edificazione ex novo».
NUOVA COSTRUZIONE E NON RISTRUTTURAZIONE. Infatti, la giurisprudenza del Consiglio di Stato «ha pacificamente affermato che l'elemento che, in linea generale, contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": art. 3, comma 1, lett. d), t.u.) ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non "fedele" (per effetto della modifica apportata al testo unico dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2397; id., sez. IV, 30 marzo 2013, n. 2972)».
In particolare, «si è notato (Consiglio di Stato, sez. IV, 6 dicembre 2013 n. 5822) che ai sensi della lettera d), comma 1 dell'art. 3 del t.u. edilizia sono inclusi nella definizione di "ristrutturazione edilizia", gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all'edificio preesistente; la successiva lettera e) classifica come interventi di "nuova costruzione" quelli di "trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti". In base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale - configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia».
Pertanto, conclude Palazzo Spada, «l’intervento edilizio oggetto di contenzioso non rientra nel canone della ristrutturazione ma in quella della nuova edificazione».
DECRETO DEL FARE. Ricordiamo che la legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (il c.d. Decreto del Fare), in vigore dal 21 agosto 2013, ha rivisto la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta nel Testo Unico Edilizia eliminando all’art. 3, comma 1, lett. d) del Dpr 380/2001 il riferimento alla “sagoma”. Dal 21 agosto 2013, quindi, sono compresi tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli che consistono nella demolizione e ricostruzione di un immobile con la stessa volumetria di quello precedente, senza che sia necessario rispettarne la sagoma. Sono compresi nella ristrutturazione anche gli interventi “volti al ripristino degli edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
Sono però esclusi dalla norma gli immobili soggetti a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004 e inoltre occorre porre attenzione, nelle zone omogenee A - di cui al decreto del Ministro del lavori pubblici 2 aprile 1968, n°1444- e in quelle equipollenti, alla perimetrazione prevista dal comma 4 dell’art. 23 bis del Testo unico.