Con la sentenza n. 66 depositata il 30 marzo 2018, la Corte costituzionale ha bocciato alcune norme della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30 - Collegato alla legge di stabilità regionale 2017.
La Consulta, in particolare, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:
- dell’art. 63, comma 7;
- dell’art. 68, comma 1;
- dell’art. 95, comma 4;
- dell’art. 95, comma 5.
ART. 63, COMMA 7. L'art. 63, comma 7, della legge regione Veneto n. 30 del 2016, ha inserito i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater nell’art. 45-ter, della legge reg. Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio), il quale disciplina i compiti della Regione funzionali alla realizzazione del piano paesaggistico.
Il Presidente del Consiglio dei ministri si duole della prima parte della disposizione, che ha inserito nel richiamato art. 45-ter il comma 1-bis, il quale così dispone: «La Giunta regionale, in attuazione all’accordo con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MiBACT) di cui agli articoli 135, comma 1 e 143, comma 2, del Codice, nelle more dell’approvazione del piano paesaggistico di cui al comma 1, procede alla ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e delle aree tutelate per legge di cui, rispettivamente, agli articoli 136 e 142, comma 1, del Codice».
ART. 68, COMMA 1. L’art. 68, comma 1, della legge reg. Veneto n. 30 del 2016 prevede che «[g]li interventi di manutenzione degli alvei, delle opere idrauliche in alveo, delle sponde e degli argini dei corsi d’acqua, compresi gli interventi sulla vegetazione ripariale arborea e arbustiva, finalizzati a garantire il libero deflusso delle acque possono essere eseguiti senza necessità di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 […] e della valutazione di incidenza ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” previa verifica della sussistenza di tali presupposti ai sensi delle disposizioni statali e regionali».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, detta norma si porrebbe in contrasto con la disciplina nazionale sull’autorizzazione paesaggistica, che spetterebbe allo Stato in virtù dell’art. 117, secondo comma, lettere m) e s), Cost. A suo avviso, le eccezioni al principio dell’autorizzazione paesaggistica, previsto dall’art. 146, cod. beni culturali, devono essere tassativamente formulate, in via esclusiva, dal legislatore statale. La disposizione reca invece una «formula ampia e indeterminata», che si traduce «nell’abrogazione in concreto dell’autorizzazione per una intera classe di interventi, identificati soltanto in base al loro presunto fine».
ART. 95. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha inoltre impugnato i commi 2, 4 e 5 dell’art. 95 della legge della Regione Veneto n. 30 del 2016, rubricato «Prime disposizioni in materia di pianificazione regionale delle attività di cava». Tale articolo detta una serie di prescrizioni in materia di cave, finalizzate alla valorizzazione delle risorse regionali non riutilizzabili, alla riduzione del consumo di suolo, alla tutela del lavoro e delle imprese del settore estrattivo e alla migliore gestione dei materiali inerti nel corso della realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità (comma 1 dell’art. 95).
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 95, comma 2, il quale consente, previa autorizzazione della struttura regionale competente in materia di attività estrattive, «lo stoccaggio e la lavorazione, nelle cave non estinte, di materiali da scavo costituti da sabbie e ghiaie», proveniente dalla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità, con almeno 500.000 metri cubi di materiale di risulta. Il trattamento del materiale inerte è consentito purché: a) i materiali siano qualificabili come sottoprodotti «ai sensi della vigente normativa» e b) i materiali siano equiparabili per tipologia al materiale costituente il giacimento coltivato nella cava. La norma consente, quindi, il recupero e la lavorazione di materiale inerte (sabbia e ghiaia), purché questo sia qualificabile come sottoprodotto ai sensi della normativa vigente e il materiale sia della medesima natura di quello coltivato in cava.