Fisco

Avvalimento, denunce obbligatorie e premialità nelle gare: dubbi dei tecnici del Senato sulla Delega Appalti

Non è in linea con la disciplina europea il criterio secondo cui non può essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale

mercoledì 2 dicembre 2015 - Redazione Build News

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Revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento, nel rispetto dei princìpi dell'Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia.

È quanto prevede il disegno di legge delega per la riforma degli appalti e il recepimento delle nuove direttive Ue in materia, modificato il 17 novembre scorso dalla Camera e ora all'esame della commissione Lavori pubblici del Senato.

Il testo uscito da Montecitorio stabilisce che il contratto di avvalimento deve indicare nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l'oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara.

Inoltre, vanno rafforzati gli strumenti di verifica circa: l'effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell'impresa ausiliaria; l'effettivo impiego delle risorse medesime nell'esecuzione dell'appalto, al fine di escludere la possibilità di ricorso all'avvalimento a cascata.

Infine, la revisione della disciplina in materia va effettuata prevedendo che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell'esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare.

I DUBBI DEI TECNICI DEL SENATO. I tecnici del Senato nel dossier osservano che “rispetto alla disciplina europea dell’avvalimento, che consente agli operatori economici di fare affidamento sulla capacità economica e finanziaria e sulle capacità tecniche e professionali di altri soggetti, tale criterio prevede che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale”. Quindi sarebbe “opportuno un chiarimento”.

DUBBI SULLE DENUNCE OBBLIGATORIE. I tecnici di Palazzo Madama manifestano dubbi anche sulle denunce obbligatorie. Il testo prevede un sistema amministrativo, regolato sotto la direzione dell'Autorità anticorruzione, di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici e di servizi, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi. Un emendamento approvato dalla Camera dei deputati prevedendo anche uno specifico regime sanzionatorio nei casi di omessa o tardiva denuncia e individuando le norme del codice la cui violazione determina la comminazione di sanzioni amministrative da parte dell'Anac.

Si tratta – osserva il dossier del Senato - di una disposizione che sembra riprendere la finalità sottesa ad una disposizione contenuta nel testo vigente del regolamento adottato dall’Antitrust sul rating di legalità. L’art. 3, comma 4, di tale regolamento dispone che, ai fini dell’incremento del punteggio, l’impresa “potrà conseguire un segno + ove abbia denunciato all’autorità giudiziaria o alle forze di polizia taluno dei reati previsti dal presente Regolamento, commessi a danno dell’imprenditore o dei propri familiari e collaboratori; l’attribuzione del segno + di cui al presente comma è subordinata all’esercizio dell’azione penale in relazione ai fatti di reato denunciati”.

Inoltre, in materia di rating di legalità è in atto una collaborazione tra Agcm e Anac (protocollo d’intesa dell’11 dicembre 2014).

I tecnici del Senato evidenziano che nell’ordinamento non vige un obbligo generalizzato di denunciare i reati. Infatti, la denuncia è obbligatoria solo nei seguenti casi:

- per il pubblico ufficiale e l'incaricato di un pubblico servizio, che abbiano avuto conoscenza del reato nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni; dalla violazione dell'obbligo deriva l'applicazione di una sanzione penale (artt. 361-363 c.p.);

- per il medico e tutti gli esercenti una professione sanitaria, che abbiano prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio; anche in questo caso l'omissione di referto è punita dalla legge penale (art. 365 c.p.);

- per il cittadino, ma solo se ha avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, punito con l'ergastolo (art. 364 c.p.); la pena è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro.

Quindi, osserva il dossier di Palazzo Madama, “la norma di delega pare prefigurare l'introduzione di un ulteriore obbligo di denuncia, seppur limitato ad alcune specifiche categorie di reati, a carico delle imprese titolari di appalti pubblici. Peraltro, ragioni sistematiche inducono a ipotizzare che anche la violazione di tale obbligo di denuncia debba essere penalmente sanzionata. In considerazione di quanto precedentemente rilevato, andrebbe, pertanto, valutato se fare riferimento alla “denuncia obbligatoria”.”

PERPLESSITÀ SUI PREMI IN GARA. In tema di valorizzazione delle esigenze sociali e di sostenibilità ambientale, il Ddl Delega prevede l'introduzione di criteri e modalità premiali di valutazione delle offerte nei confronti delle imprese che, in caso di aggiudicazione, si impegnino, per l'esecuzione dell'appalto, a utilizzare anche in parte manodopera o personale a livello locale ovvero in via prioritaria gli addetti già impiegati nel medesimo appalto, in ottemperanza ai princìpi di economicità dell'appalto, promozione della continuità dei livelli occupazionali, semplificazione ed implementazione dell'accesso delle micro, piccole e medie imprese. Ciò tenendo anche in considerazione gli aspetti della territorialità e della filiera corta e attribuendo un peso specifico anche alle ricadute occupazionali sottese alle procedure di accesso al mercato degli appalti pubblici, comunque nel rispetto del diritto dell'Unione europea.

Per i tecnici del Senato “L’attribuzione di misure premiali alle offerte, pur nel rispetto della valorizzazione delle finalità sociali e ambientali di cui sono portatrici in generale le nuove direttive, andrebbe valutata alla luce dei principi generali della normativa europea sugli appalti e del TFUE che riguardano, tra l’altro, la parità di trattamento e la non discriminazione”.

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