A causa della crisi climatica, il 2022 in Italia è stato il più siccitoso dal 1800 con un deficit, a chiusura del periodo, pari al 30%. Deficit che sale al 40% per il Nord, che ha visto 11 mesi su 12 di piogge sotto la media e solo Dicembre in media secondo i dati diffusi da ISAC-CNR.
In questo scenario rientra il risultato del progetto Ortumannu, condotto da ENEA, Università degli Studi di Cagliari, CRS4 e Mutah University (Giordania) che mira a sostituire i fertilizzanti chimici con microrganismi e batteri in grado di favorire la crescita delle piante anche nei periodi di stress idrico, migliorando le funzioni del suolo e la produzione agricola. Grazie, quindi, all’utilizzo integrato di risorse naturali, biotecnologie e strumenti di caratterizzazione, monitoraggio e modellazione all’avanguardia, si potrebbe contrastare l’impoverimento dei suoli e promuovere una produzione agricola d’alta qualità, riducendo l’utilizzo di fertilizzanti, pesticidi e acqua.
Come si è svolto il progetto
Nell’ambito del progetto, il team di ricercatori dell’ENEA è stato impegnato nella caratterizzazione microbiologica del suolo presso una stazione agronomica della regione di Al-Ghweir in Giordania, contraddistinta da suoli improduttivi e scarsità di risorse naturali e acqua. In seguito, utilizzando il sequenziamento del gene 16S rDNA, il team ha isolato e identificato dal suolo 40 ceppi di batteri che sono stati testati per la capacità di promuovere la crescita delle piante, fissare l’azoto, mobilizzare il fosforo, solubilizzare il potassio e produrre siderofori, cioè sostanze organiche in grado di influenzare l’accrescimento delle piante.
I ceppi con le migliori caratteristiche sono stati selezionati per creare la formula microbica più efficace da applicare in un campo sperimentale della Mutah University coltivato a sorgo, una specie vegetale della famiglia delle graminacee.
Rispetto all’uso di fertilizzanti chimici come il fosfato biammonico (DAP), la sperimentazione in campo ha dimostrato l’efficacia della formula microbica nel sostenere la crescita durante la fase di produzione di fusti secondari del sorgo (accestimento). Inoltre, è stato rilevato che in condizioni di stress idrico le piante inoculate con il biofertilizzante sono sopravvissute in buone condizioni fisiologiche, a differenza delle piante concimate con fertilizzante chimico.
“Ad oggi abbiamo dimostrato che la fertilizzazione con una formula microbica sito-specifica, naturale ed endemica può sostituire quella chimica e andare a migliorare le pratiche agricole spesso basate sull’uso intensivo di fertilizzanti e sullo sfruttamento eccessivo delle risorse idriche, causando l’impoverimento dei suoli”, sottolinea la ricercatrice ENEA Chiara Alisi del Laboratorio di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima e referente del progetto per l’Agenzia. “Per questo motivo – conclude – auspichiamo un impatto positivo sulle comunità locali che abbiamo già coinvolto nella ricerca, ma ci impegneremo anche per un rapido processo di trasferimento dei risultati al settore agroindustriale”.