Una delegazione Ance, guidata dal Vice Presidente Gianluigi Coghi, è stata audita presso il Ministero delle infrastrutture riguardo alle modalità e ai tempi per la progressiva introduzione dei metodi e strumenti elettronici, quali quelli di modellazione per l'edilizia e le infrastrutture, negli appalti pubblici.
Per favorire l’utilizzo di tali metodi e strumenti nel processo costruttivo, ha sottolineato il Vice Presidente Gianluigi Coghi, bisogna tenere presente la realtà del settore delle costruzioni e della sua filiera, caratterizzata da una elevata frammentazione di piccole e medie imprese con oltre 70 branche produttive, anch’esse di piccola e media entità (stazioni appaltanti, studi di progettazione, produttori e fornitori di materiali, etc.).
Questo comporta un ritardo nell’adozione delle moderne applicazioni legate alla digitalizzazione/uso dell’ICT (Information & Communication Technology), proprie dell’Industria 4.0.
Per questo gli appalti pubblici, considerati uno dei driver della spinta all’innovazione, devono al più presto vedere impiegate le moderne metodologie di progettazione, costruzione e gestione di infrastrutture ed edifici, in particolare quelle legate alla digitalizzazione dei processi.
Serve una adeguata strategia per l’utilizzo dell’ICT negli appalti e nei contratti pubblici, che richiede un particolare impegno ed un importante cambio di approccio, in termini culturali, da parte di tutti i soggetti coinvolti.
Non servono vincoli o date definite, ma sperimentazione supportata da modalità standardizzate di attuazione. È utile che l’utilizzo dei sistemi ICT non sia legato ad alcuna determinata tipologia di realizzazione (opera infrastrutturale anziché edifici, opera semplice o complessa, etc.) o ad un determinato valore dell'appalto, ma alla capacità della committenza di attivare processi basati sugli stessi sistemi.
Lo stesso Codice degli appalti fornisce una indicazione in tal senso, non limitando la possibilità di richiedere nei bandi metodologie digitali da parte delle stazioni appaltanti, ma consentendolo solo a quelle stazioni dotate di personale qualificato, ovvero in grado di gestire un processo digitalizzato.
TRE ASPETTI CHIAVE. Ai fini di una strategia per la digitalizzazione del settore, il Vice Presidente ha evidenziato tre aspetti chiave:
- la gradualità e l’uniformità nell’applicazione della metodologia,
- il monitoraggio, da parte del Ministero, delle stazioni appaltanti che applicano volontariamente l’ICT nei bandi,
- la formazione necessaria alla diffusione della conoscenza della materia da parte dei soggetti coinvolti.
Per il primo aspetto, le stazioni appaltanti potrebbero introdurre per step successivi i loro obiettivi/usi di gestione digitale, secondo standard definiti dal Ministero anche sulla base delle norme Uni in via di approvazione. Sarebbe un approccio utile in questa fase di transizione che potrà supportare sia chi affronta per la prima volta questa innovazione, sia chi già si è cimentato con le nuove metodologie.
Un ulteriore criterio di gradualità potrebbe essere quello di iniziare con progetti di medie/grandi dimensioni che sicuramente impegneranno le organizzazioni più strutturate ma che creerà l’effetto “traino” per quelle che fungono da sub fornitori.
Con riguardo all’azione di monitoraggio dei bandi di gara, il Ministero dovrebbe tenere in considerazione sia il contenuto dei bandi che lo sviluppo dell’appalto per trarre informazioni utili in termini di raccomandazioni / linee guida da fornire alle stazioni appaltanti.
Per il terzo aspetto, il Vice Presidente Coghi ha sottolineato l’importanza della formazione di tutti i soggetti della filiera (sia pubblici che privati) per una adeguata diffusione dei nuovi metodi e strumenti, con una strategia formativa ben delineata per contenuti, tempi e metodi.
L’approccio alla digitalizzazione deve divenire un fattore comune dei corsi di laurea in Ingegneria e Architettura, nel frattempo serve anche dare supporto formativo a chi già opera nel settore, a cominciare dalle stazioni appaltanti, progettisti, RUP.
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