Bioedilizia

Biomasse, il contributo delle Regioni per lo sviluppo della Bioeconomia

Approvato il documento delle regioni e delle province autonome di posizionamento sulla bioeconomia in attuazione della strategia nazionale di specializzazione intelligente (Snsi)

venerdì 11 novembre 2016 - Redazione Build News

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Ieri la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato il documento – IN ALLEGATO - che individua il ruolo ed il contributo che le Regioni possono fornire alle prospettive di crescita del settore italiano della Bioeconomia, in attuazione della strategia nazionale di specializzazione intelligente (Snsi).

“La Bioeconomia – si legge nel documento - vuole favorire la transizione da un sistema produttivo economico energivoro, basato sulle risorse fossili non rinnovabili e con accentuato impatto ambientale, ad un sistema più sostenibile fondato su un utilizzo razionale ed integrale delle risorse biologiche (biomasse in senso lato). La Bioeconomia si propone pertanto di promuovere lo sviluppo di un’economia a minore impatto ambientale, che rigeneri gli ecosistemi naturali anziché impattarli, e maggiormente efficiente dal punto di vista delle risorse nel un più ampio contesto di sviluppo dell’economia circolare.”

Il documento favorisce il compito di monitorare, orientare ed analizzare le iniziative più idonee per la corretta e profittevole implementazione della Strategia per la Specializzazione Intelligente a livello regionale e nazionale. Il lavoro si è sviluppato dapprima con una mappatura dei settori tecnologici già elaborati e contenuti nei documenti programmatici regionali, sulla base dei contributi pervenuti dalle Regioni.

Un’analisi più attenta, condotta tramite richiesta di contributi alla Regioni, sulle traiettorie tecnologiche contenute nei documenti S3 ha consentito di rilevare una serie di informazioni di dettaglio. Relativamente ai contributi il campione di Regioni analizzato è stato inferiore al 50%. Tuttavia il campione è significativo per la tipologia di temi affrontati, molti dei quali sono simili e centrati su nodi cruciali dei sistemi produttivi.

IL QUADRO REGIONALE. Dall’analisi dei contributi ricevuti è possibile ricavare che la SNSI ha una buona coerenza con le S3 regionali ed è aderente alle priorità ed alle traiettorie tecnologiche individuate nei vari territori.

Il comparto agroalimentare è quello strategicamente più presidiato dalle Regioni, a testimonianza del valore e dell’importanza del settore legato alla qualità ed alla forte tipicità dei prodotti. I temi del sistema agroalimentare connessi alla qualità, sostenibilità e recupero del valore ambientale, e del rapporto tra alimenti e salute sono assolutamente centrali nella visione delle regioni.

Le Regioni intravedono grandi potenzialità di sviluppo nel settore dell’industria bio-based, che nella valutazione strategica è secondo all’agroalimentare. Le potenzialità sono legate in grande parte alla valorizzazione di scarti delle filiere agroalimentari, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, e allo sviluppo di colture dedicate in aree agricole marginali, che non competono con la produzione agroalimentare.

La bioeconomia del mare, nonostante la grande estensione delle coste nazionali, si colloca al terzo posto nelle valutazioni strategiche e nel posizionamento dei punti di forza regionali.

Possibili traiettorie di sviluppo della Bioeconomia: la posizione delle Regioni

L’eccellente posizionamento del Paese, tra i “primi della classe” in Europa, nei settori produttivi afferenti alla Bioeconomia, agroalimentare e chimica verde, rappresenta oggi un elemento di competitività molto forte a livello nazionale che bisogna sostenere nel medio-lungo periodo con forti investimenti in formazione, R&D e sviluppo delle imprese.

Considerata la forte attrattività del Made in Italy in ambito alimentare, della centralità dei nostri prodotti alimentari nella dieta mediterranea e le accentuate caratteristiche di diversità e tipicità connesse alla ricchezza culturale dei territori, è necessario sviluppare tecnologie ed innovazione in grado di esaltare tali caratteristiche e di difenderle dalle frodi che colpiscono in modo molto forte il nostro settore con il cosiddetto Italian sounding.

La bioeconomia ha una stretta relazione con la disponibilità di bio-feedstock locali, e, dunque, con la possibilità di sviluppare economia e nuovi posti di lavoro laddove sia presente questa disponibilità. Un occasione importante per le Regioni che possono adottare strategie di coinvolgimento dei vari portatori di interesse per creare condizioni favorevoli allo sviluppo locale, in un contesto di politiche ed iniziative nazionali coerenti con l’importanza della dimensione locale.

Il coinvolgimento del comparto agricolo è fondamentale per la produzione di alimenti e per la produzione di materia prima per l’industria della chimica, farmaceutica, cosmetica e dell’energia da biomasse. Non è possibile sviluppare un settore della bioeconomia competitivo, che dipende dalla disponibilità delle biomasse, senza un coinvolgimento delle imprese agricole. È dunque necessario che le Regioni programmino e mettano a disposizione strumenti di sostegno allo sviluppo di filiere innovative in modo coordinato. Ad esempio è fondamentale pianificare interventi attraverso approcci plurifondo (FESR, FEASR, FSE), che garantiscono lo sviluppo omogeneo dei vari segmenti di filiera. Nel settore dell’industria alimentare, si evidenzia un forte dinamismo, e questo in tutte Regioni del Paese, per le quali è frequentemente una delle priorità delle loro Smart Specialisation Strategies. Di grande valenza strategica, in tal senso, risultano le correlazioni tra politiche a sostegno della bioeconomia e interventi delle amministrazioni centrali e regionali in relazione alla Strategia Nazionale Aree Interne.

I cambiamenti climatici in corso, e le stime peggiorative degli organismi internazionali a ciò preposti, pongono un serio problema sulla sostenibilità delle nostre produzioni. Sostenibilità si declina attraverso una serie di scenari di riferimento, fra cui i più impattanti sono:

- sostenibilità delle produzioni e della loro qualità, fortemente influenzate dal regime delle precipitazioni e dalle temperature;

- sostenibilità ambientale, fortemente impattata dagli input chimici e idrici in agricoltura;

- sostenibilità sociale, che può derivare da un agroambiente più sano e fruibile anche in associazione a pratiche turistiche;

- sostenibilità economica, garantita dal valore aggiunto di produzioni qualitativamente e quantitativamente superiori;

Occorre guardare alla filiera del cibo (dalla produzione primaria, alla trasformazione, alla distribuzione e al consumo) come ad una filiera con elevato contenuto di conoscenze e competenze. Bisogna investire in tecnologie e azioni che mirino, da un lato a una sempre più spinta descrizione degli alimenti, dall'altro a una sempre più dettagliata comprensione della complessa rete di meccanismi che sottendono alla qualità e sostenibilità del cibo.

Questi obiettivi possono essere colti investendo in settori particolarmente innovativi e tecnologie abilitanti quali la genomica, la fenomica delle piante (plant phenomics) e la metrologia del cibo (food metrology). La prima racchiude le tecnologie basate sul sequenziamento del DNA che possono contribuire a sviluppare nuove varietà resilienti ai cambiamenti climatici e con migliorate caratteristiche nutrizionali e salutistiche. La plant phenomics è l'insieme di quelle tecnologie che spaziano dall'ICT all'ingegneria di sistemi, dalla fisica alla biologia avanzata, che consentono di descrivere in maniera non distruttiva lo stato di salute e le caratteristiche di una singola pianta o di un intero campo, consentendo gli approcci di Agricoltura di Precisione. La Food Metrology è quell'insieme di scienze che consente di descrivere il cibo in tutti i suoi parametri, da quello nutrizionale a quello salutistico, da quello economico al suo costo ambientale, ecc.

Nel settore dell’industria chimica da fonti rinnovabili, si evidenzia un forte dinamismo del settore e degli investimenti, anche se ad oggi solo una parte delle regioni (9), soprattutto nel Centro-Nord Italia presenta investimenti di una certa dimensione ed importanza. Appare però importante che tutte le Regioni diventino protagoniste e consapevoli della ricchezza in biorisorse dei propri territori, mettendo a punto progetti di sviluppo locale adatti alle particolari condizioni socio-economiche dei loro territori. La bioeconomia rappresenta un grande potenziale per le regioni del Sud Italia, che, per disponibilità di suoli agricoli e superficie forestale, hanno una straordinaria opportunità di alimentare un ciclo virtuoso di sviluppo sostenibile, valorizzando le proprie risorse biologiche favorendo l’insediamento di iniziative industriali.

Molte delle regioni sono lambite dal mare, ma non hanno chiare strategie dirette alla sua migliore valorizzazione. Serve rendere più sostenibile la pesca e avviare la valorizzazione industriale delle sue biomasse principali, da quelle algali a quelle microbiche in bioraffinerie di nuova generazione.

È importante che ci sia un equilibrio nell’uso dei suoli per le produzioni alimentari e per quelle non alimentari derivanti da colture specializzate. Questo problema non esiste ovviamente quando si usano per fini industriali scarti e residui delle produzioni agricole ed industriali. In questo senso vanno favorite le iniziative e le innovazioni che impiegano e recuperano aree marginali o aree prossime ad aree inquinate (ad esempio siti SIN), che possono trovare una utilità economica ed ambientale. Interessante è anche la valorizzazione della frazione organica dei rifiuto solidi urbani, frazione in costante crescita e utilizzabili in alcuni percorsi di bioraffineria verso prodotto biobased meno nobili.

Guardando alle filiere di valore della Bioeconomia che partono dal settore agricolo e terminano con vari utilizzatori finali, si individuano numerosi soggetti imprenditoriali che vanno ad esempio dalla lavorazione della materia prima, alle bioraffinerie, agli utilizzatori di fine chemicals, ai produttori di energie rinnovabili. È molto probabile che questi segmenti industriali siano presenti in regioni diverse. Diventa dunque importante che le regioni dialoghino per sviluppare catene di valore interregionali. E’ indispensabile sostenere un modello di sviluppo nazionale multipolare in cui ciascuna regione possa sviluppare un proprio modello di “Regione Sostenibile”, sulla base delle proprie caratteristiche e tipicità ambientali e socio-economiche, sviluppando specifici casi studio e partecipando a filiere di valore nazionali.

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