Con l'ordinanza n. 364/2024 pubblicata il 14 maggio, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (Sezione giurisdizionale), ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, sotto diversi profili, della norma – finora sempre considerata di interpretazione autentica, e dunque retroattiva – che ha chiarito la portata del vincolo fissato dalla l. r. n. 78 del 1976. Con tale legge era stato fissato, in Sicilia, un vincolo di inedificabilità assoluta dalla battigia fino a 150 metri dalla battigia stessa. Pertanto, per effetto di tale norma, entro la fascia dei 150 metri dalla battigia non può realizzarsi nessuna opera (salvo limitate eccezioni) se non diretta alla fruizione del mare. Tale vincolo sussiste solo se l’area, alla data del 31 dicembre 1976, non fosse già zona A e B poiché prevista in strumenti urbanistici o aventi tutti i requisiti (consacrati in atti ufficiali) delle zone A) e B), come descritte dal d.m. n. 1444/1968.
La legge regionale n. 15/1991
Nel 1991, con la legge n. 15, il legislatore regionale chiarisce – con norma che era sempre stata considerata di interpretazione autentica – che il vincolo in parola non si rivolge solo ai comuni (nel senso che i comuni sono tenuti ad inserirlo nei piani regolatori) ma anche ai privati; sicché, per effetto della suddetta norma, diventano insanabili oltre 30mila case abusive costruite, in prossimità della costa, a partire dal 31 dicembre 1976, anziché a partire dall’entrata in vigore della l. r. n. 15 del 1991.
Con l’ordinanza in questione, si dubita della legittimità costituzionale di tale legge, nella parte in cui determina, retroattivamente, tale insanabilità assoluta, ritenendo che la norma non sia, in realtà, di interpretazione autentica ma sostanzialmente innovativa. In particolare, oltre al principio di irretroattività delle leggi, sarebbe violato il principio di ragionevolezza, di proporzionalità, di certezza dei rapporti giuridici; sarebbe irragionevolmente compresso il diritto di proprietà e, determinando il venir meno di una causa di estinzione del reato, risulterebbe violato l’art. 25 della Costituzione.
In conclusione, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale:
1) ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 3, della legge regionale siciliana 30 aprile 1991, n. 15 – quanto alle parole “devono intendersi” (anziché “sono”); e, comunque, nella parte in cui detto comma 3 estende anche al periodo anteriore alla sua entrata in vigore l'efficacia dell'interpretazione autentica da esso dettata, ossia impone la retroazione del precetto di diretta e immediata efficacia anche nei confronti dei privati delle “disposizioni di cui all’art. 15, prima comma, lett. a, … della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78” sin dalla data di entrata in vigore di detta legge regionale n. 78 del 1976, anziché dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 15 del 1991 – per travalicamento dei limiti connaturati alla retroattività delle leggi e per violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’articolo 3, comma 1, e dell’articolo 97, comma 2, della Costituzione, oltre che per gli ulteriori profili indicati in parte motiva (e ivi, specificamente, al § 12);
2) in via subordinata, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 32-33, comma 11 (già 10), ultima proposizione, introdotto in Sicilia dall’articolo 23 della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37, per violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza di cui all’articolo 3, comma 1, della Costituzione, nei sensi di cui in motivazione e per gli ulteriori profili ivi indicati.