Un intervento di emergenza: è questo quello che il governo si accinge a fare la prossima settimana per mitigare gli aumenti in bolletta per luce e gas, dovuti principalmente all’aumento della materia prima gas, ma anche dal costo che grava sui grandi produttori di CO2. Aumenti che potrebbero arrivare fino al 40% con il prossimo aggiornamento trimestrale di inizio ottobre.
Dall’incontro che si è tenuto ieri tra il premier Mario Draghi e i ministri Daniele Franco e Roberto Cingolani trapela che l’obiettivo dell’esecutivo sarebbe di sterilizzare almeno il 30% di questo scalino – ma forse sarebbe meglio chiamarlo scalone – di aumento. E per farlo occorrono subito cifre considerevoli, tra i 2 e 3 miliardi di euro che rendono necessario proprio il benestare del Mef.
Infatti dalle aste per le emissioni sulla CO2 sono attesi circa 750 milioni di euro, un’altra parte potrebbe essere coperta da un taglio “una tantum” degli oneri di sistema, sul resto della copertura rimangono ancora molte incertezze.
Di certo però si sa che da tempo si sta lavorando a una riforma strutturale della bolletta elettrica, con l’obiettivo di inserirla nella legge di bilancio di fine anno. E in questo caso si ragiona di possibile defiscalizzazione, di un intervento mirato sull’Iva (compatibile con il temporary framework europeo), o di trasferimento alla fiscalità generale degli oneri di sistema che i consumatori non hanno mai compreso del tutto: oneri che nel 2020, secondo Arera hanno raggiunto la cifra di 15 miliardi di euro, la maggior parte dei quali (80%) serve a finanziare lo sviluppo delle rinnovabili. Il resto è utilizzato per altre spese come lo smantellamento delle centrali nucleari o i regimi tariffari speciali per le ferrovie.
Franco Metta
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