La potestà legislativa esclusiva statale (ex art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione) esprime ineludibili esigenze di protezione di un bene, quale l’ambiente, unitario e di valore primario, che sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale.
I medesimi principi non possono non trovare applicazione nella specifica materia delle bonifiche: nel disegno del legislatore statale, contenuto nel codice dell’ambiente, si riserva alla regione la funzione amministrativa nella materia della bonifica dei siti inquinati (artt. 198 e 242 del d.lgs. n. 152 del 2006), materia per costante, risalente giurisprudenza costituzionale ricompresa in quella dell’ambiente e quindi riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Così la Corte Costituzionale nella sentenza n. 160/2023 depositata il 24 luglio, con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 dicembre 2006, n. 30.
Cosa prevede la norma censurata
La disposizione censurata recita:
«1. Sono trasferite ai comuni le funzioni relative alle procedure operative e amministrative inerenti gli interventi di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune, concernenti: a) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del piano della caratterizzazione e l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 3 e 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); b) la convocazione della conferenza di servizi e l’approvazione del documento di analisi di rischio, di cui all’articolo 242, comma 4, del d.lgs. 152/2006; c) l’approvazione del piano di monitoraggio, di cui all’articolo 242, comma 6, del d.lgs. 152/2006; d) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza e delle eventuali ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, nonché l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 7 e 13, del d.lgs. 152/2006; e) l’accettazione della garanzia finanziaria per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi autorizzati, di cui all’articolo 242, comma 7, del d.lgs. 152/2006; ) l’approvazione del progetto di bonifica f di aree contaminate di ridotte dimensioni, di cui all’articolo 249 e all’allegato 4 del d.lgs. 152/2006. 2. È altresì trasferita ai comuni l’approvazione della relazione tecnica per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica, di cui all’articolo 265, comma 4, del d.lgs. 152/2006. 3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano agli interventi di bonifica e/o di messa in sicurezza oggetto di strumenti di programmazione negoziata di cui alla legge regionale 14 marzo 2003, n. 2 (Programmazione negoziata regionale). 4. Le procedure di cui ai commi 1 e 2, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione ha già concluso la conferenza di servizi, rimangono di competenza della Regione medesima limitatamente all’adozione del provvedimento conclusivo della singola fase del procedimento».
Funzioni trasferite ai comuni, no della Consulta
La Regione Lombardia ha, dunque, trasferito ai comuni le funzioni che, a livello statale, l’art. 242 del codice ambiente attribuisce alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle stesse regioni dei progetti di bonifica dei siti inquinati.
Nel bocciare la norma lombarda, la Corte Costituzionale osserva anche che l’art. 198, comma 4, cod. ambiente attribuisce ai comuni il potere di «esprimere il proprio parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati rilasciata dalle regioni» definendo in chiave ancillare la competenza propria di detti enti, di cui resta escluso ogni concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa, secondo previsione di legge.
Per la Consulta “la previsione, contenuta nella norma censurata, di un modulo organizzativo diverso da quello descritto, in cui sono attribuite ai comuni le funzioni amministrative nella materia de qua, non è neppure legittimata – come invece sostiene la Regione Lombardia – dalla disciplina della materia di bonifica dei cosiddetti siti orfani, funzionale al recupero e alla riqualificazione della superficie del suolo, contenuta nel PNRR là dove si distingue, con l’art. 1, comma 4, lettera o), del d.l. n. 77 del 2021, come convertito, tra «soggetti attuatori pubblici», regioni e province autonome, che svolgono attività di indirizzo, coordinamento e supporto, e «soggetti attuatori esterni», definiti come soggetti pubblici, quali i comuni, di cui si avvalgono i primi per la realizzazione operativa degli interventi. È, infatti, in questo caso, la stessa legge statale che, con riferimento esclusivo alla materia di cui si tratta, attribuisce alle regioni il potere di conferire ai soggetti attuatori esterni attività e funzioni di natura amministrativa”.