“Dopo decenni di stagnazione, il settore delle costruzioni in Italia sta tornando competitivo, grazie all'impegno di migliaia di imprese coraggiose e, soprattutto, alle tante leve fiscali in atto. Ora, però, si scopre che questa competitività non dev'essere per tutti, ma solo per alcuni. Tutto ciò è gravissimo e inammissibile. Si intervenga, immediatamente, per ripristinare lo stato di diritto". Si è espresso così il presidente di Confimi Edilizia, Sergio Ventricelli, commentando la decisione del Consiglio dei Ministri, dello scorso 18 febbraio, che ha dato via libera alla norma proposta dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando, in base alla quale i bonus edilizi non potranno essere riconosciuti per i lavori edili "eseguiti - come si legge nel testo della norma - da datori di lavoro che non applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale".
“Questo provvedimento - prosegue Ventricelli - propone, di fatto, una sorta di bollino di appartenenza, terzo e discriminante, per chi deve accedere alle leve fiscali, spazzando via in un colpo solo la qualità del lavoro e l'onestà di migliaia di aziende che avrebbero il solo torto di non appartenere al circolo eletto”. “Per di più – sottolinea il presidente di Confimi Edilizia – e come se questo non bastasse, nel medesimo aberrante provvedimento si precisa che le nuove norme obbligano le imprese non solo ad aver firmato un contratto collettivo nazionale, ma che tale contratto dev'essere firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi”.
“Ci domandiamo, a questo punto, quali sarebbero i sindacati più rappresentativi? E, soprattutto, in base a cosa verrebbe attribuita la maggior rappresentatività?"
Gli altri dubbi di Ventricelli sul provvedimento riguardano il contratto collettivo applicato che deve essere indicato, secondo quanto previsto dalla norma, nell’atto di affidamento dei lavori e riportato nelle fatture emesse in relazione all’esecuzione dei lavori. Come riportato dai quotidiani, per Orlando l'applicazione di questo principio segnerebbe un passo importante per il settore e, più in generale, in termini di utilizzo della spesa pubblica per migliorare la qualità del lavoro, per assicurare il rispetto dei diritti garantiti dalla contrattazione collettiva su salario, orario, ferie e malattie, ma anche formazione e maggiore sicurezza.
Ma non è dello stesso parere Ventricelli che sottolinea: “Dunque a ben comprendere le parole del Ministero del Lavoro, dicastero preposto a favorire l'impiego delle risorse umane, indicano chi, e perché, deve poter lavorare, commettendo un arbitrio senza precedenti. Ciò non bastasse, viene indicata l’Agenzia delle Entrate per la verifica dell’indicazione del contratto collettivo applicato, col supporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro, dell’Inps e delle Casse Edili, quest'ultime un altro storico circolo di eletti a numero chiuso. Infine, solo perché - evidentemente - sarebbe stata del tutto incostituzionale, si decide che la suddetta disposizione non si applica ai lavori già avviati alla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento”.
“Appare chiaro – conclude il numero uno di Confimi Edilizia - che ci troviamo di fronte alla volontà di decidere motu proprio chi deve poter essere ammesso a questa ripresa e chi no. Come Confimi Edilizia stigmatizziamo, fortemente, tale provvedimento, chiedendo al Presidente del Consiglio Draghi e al Presidente della Repubblica Mattarella di intervenire, senza indugi, nel correggere un tale gravissimo abuso, ripristinando un equilibrio normativo e sociale, che dovrebbe sempre essere garantito nelle attività legislative di un paese democratico come l'Italia”.