L’Agenzia delle Entrate dovrebbe chiaramente individuare che cosa si intenda con “sovvenzioni e contributi” da nettizzare ai fini della determinazione della base di calcolo del bonus. È questa la richiesta che arriva dalle pagine del Sole24Ore, a firma di Giorgio Gavelli, Emanuele Reich e Franco Vernassa.
Secondo i tre esperti infatti la questione starebbe nel (mancato o poco chiaro) coordinamento tra il comma 203 e il comma 204 dell’articolo 1 della legge 160/2019 (legge di Bilancio 2020), che ha istituito i tre crediti d’imposta per ricerca e sviluppo (R&S), innovazione tecnologica e design/ideazione estetica.
Da un lato il comma 203 afferma che il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari a una determinata percentuale (variabile a seconda della tipologia di credito) da applicarsi alla “base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili”.
Il comma 204 invece, all’ultimo periodo, afferma che il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, purché non si superi il costo sostenuto, tenuto anche conto del risparmio di imposta collegato alla detassazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap. Questo punto consente in particolare di ritenere che i risparmi d’imposta per investimenti in Ricerca & Sviluppo non incidono sul tax credit.
I due commi, viene fatto notare, utilizzano terminologie differenti, che implicherebbero anche distinti concetti. Stante quindi la diversa definizione tra sovvenzione, contributo e agevolazione che rende incerto il conteggio, su un punto riguardante i crediti d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nuovi l’Agenzia delle entrate ha già chiarito, con la circolare 4/E/2017, che il beneficio è calcolato al lordo di eventuali contributi, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione.
Non è molto sistematico a questo punto che il credito d’imposta in ricerca e sviluppo si comporti diversamente, concludono gli esperti.
Franco Metta