Con la sentenza n.44968/2016, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso di un tecnico contro la condanna alla pena di 6 mesi di reclusione per omicidio colposo, per aver causato la morte del proprietario di un immobile dovuta a delle omissioni nella certificazione delle carenze funzionali della caldaia.
La suprema Corte ha rilevato che la Corte di appello ha considerato irrilevante il tempo trascorso tra la condotta riferibile al ricorrente e l'evento, in quanto la mancata eliminazione della situazione di pericolo da parte degli altri tecnici che ebbero ad effettuare le manutenzioni successive a quelle poste in essere dal tecnico ricorrente non aveva costituito una causa sopravvenuta, da sola sufficiente a cagionare l'evento mortale.
Dalla perizia era risultato confermato che la propagazione di monossido di carbonio all'interno dell'appartamento era stata provocata dall'errata collocazione della caldaia di tipologia B in un locale interno all'appartamento, mentre aveva influito solo in minima parte il cattivo funzionamento della canna fumaria.
Secondo la Cassazione le mancate eliminazioni della situazione di pericolo da parte dei successivi tecnici o dello stesso proprietario o da parte degli enti di controllo non avevano costituito - come coerentemente argomentato nell'impugnata sentenza - “altrettante distinte cause sopravvenute, idonee da sole a cagionare l'evento, ma mere condizioni negative, grazie alle quali ogni singola condotta, posta in essere autonomamente ed in violazione delle norme cautelari di riferimento, aveva continuato ad essere efficace.”
La suprema Corte osserva che, dall'analisi della fonte normativa - D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, vigente al momento dei due accessi del tecnico - emerge che l'allegato H contiene non solo il modulo relativo al "Rapporto di controllo tecnico" (obbligatorio in forza dell'art. 11), ove è prevista un'apposita sezione relativa alle Prescrizioni, ma anche la guida alla compilazione delle stesse specifiche sezioni, ove al punto 6 è indicato: "Nello spazio PRESCRIZIONI il tecnico, avendo riscontrato e non eliminato carenze tali da compromettere la sicurezza di funzionamento dell'impianto, dopo aver messo fuori servizio l'apparecchio e diffidato l'occupante dal suo utilizzo, indica le operazioni necessarie per il ripristino delle condizioni di sicurezza". La dizione utilizzata evidenzia che la "messa fuori servizio" dell'apparecchio doveva essere effettuata dal tecnico che riscontrasse l'inidoneità, che avrebbe dovuto anche diffidare il proprietario dell'impianto dall'utilizzarlo ed indicare le prescrizioni necessarie per la messa a norma dello stesso.