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Campi profughi: molto si potrebbe fare per il risparmio energetico

Secondo un report redatto da Chatham House il consumo energetico ammonta a circa 3,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio per un costo annuale stimato di 2,1 miliardi di dollari

lunedì 23 novembre 2015 - Redazione Build News

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Il consumo di energia dei campi profughi è stato spesso trascurato da governi e agenzie internazionali umanitarie. Secondo il rapporto “Heat, Light and Power for Refugees Saving Lives, Reducing Costs”, redatto da Chatham House  per la Moving Energy Initiative, attualmente sono circa 60 milioni le persone sfollate che vivono in tutto il mondo e nel 2014 il loro consumo di energia ammontava a circa 3,5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio per un costo annuale stimato di 2,1 miliardi di dollari e 13 milioni di tonnellate di CO2.

COMBUSTIBILI A BASE DI LEGNA. Attualmente, la maggior parte dei campi dipende fortemente dai combustibili a base di legna, come il carbone, tanto che circa il 77% del consumo di energia proviene da legname e carbone. Per questo motivo, il rapporto raccomanda una diffusa introduzione di fornelli e lanterne solari che potrebbero far risparmiare 323 milioni di dollari all’anno in costi di carburante, in cambio di un investimento una tantum di 335 milioni di dollari per le attrezzature. Molti, inoltre, vivono al buio, perché l’illuminazione stradale e non è decisamente insufficiente.

STRESS IDRICO. Altro problema da non sottovalutare è sicuramente la risorsa idrica. Nei prossimi anni, secondo un rapporto del World Resources Institute (Wri), lo stress idrico del pianeta continuerà a crescere ed entro il 2040 diventerà "estremamente alto" in 33 Paesi. Tra questi ben 14 sono distribuiti nella sola area mediorientale, con gravi rischi sull'instabilità dell'area.

Il calo delle risorse idriche - si legge nel rapporto - è stato tra i fattori che hanno costretto 1,5 milioni di persone, in maggioranza agricoltori e pastori, a lasciare le loro terre per trasferirsi nelle aree urbane.

CONSIGLI. Per combattere queste condizioni di vita alquanto critiche, la relazione suggerisce alle agenzie umanitarie di creare un fondo per le infrastrutture energetiche. Facendo appello al settore privato e ai finanziamenti relativi al clima, il report propone di inserire l’accesso all’energia sostenibile per le persone sfollate nelle agende nazionali. Le agenzie umanitarie dovrebbero infatti integrare le considerazioni energetiche nella programmazione di base.

Altro passo fondamentale potrebbe essere quello di considerare l’accesso all’energia e le altre sfide della sostenibilità delle risorse come aree di cooperazione tra i Paesi ospitanti, i donatori internazionali e le agenzie umanitarie.

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