Secondo il Consiglio dei ministri – riunione n. 118 del 31 maggio 2016 - alcune disposizioni della legge regionale dell'Abruzzo n. 11/2016, relative al calcolo del canone per l’uso idroelettrico, “contrastano con i principi in materia di tutela della concorrenza contenuti nella legislazione statale e conseguentemente violano l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione”.
Vediamo nel dettaglio le motivazioni in base alle quali il Governo ha impugnato la predetta legge dinanzi alla Corte costituzionale.
“L’articolo 1 modifica l’art. 12 della legge regionale 3 agosto 2011, n. 25. In particolare, la lettera a) sostituisce il comma 1 dell’articolo 12, fissando il costo unitario per l'uso idroelettrico, di cui alla lettera c) del comma 5 dell'articolo 93 della legge regionale 17 aprile 2003, n. 7 per le utenze con potenza nominale superiore a 220 kW, per ogni kW di potenza efficiente, in euro 35,00, oltre ai relativi aggiornamenti al tasso di inflazione programmata. La lettera b) sostituisce il comma 1-bis, prevedendo che “1-bis. Per la definizione di potenza efficiente si rinvia alla definizione ufficiale utilizzata per la potenza efficiente netta dall'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI)”. La lettera c) sostituisce il comma 1-ter. La norma prevede che il canone annuo, calcolato applicando il valore riportato al comma 1 per ogni kW di potenza nominale, sia versato entro il 28 febbraio di ciascun anno anticipatamente e a titolo di acconto. La norma prevede le modalità con cui la potenza efficiente deve essere calcolata dall’utente certificata da organismo terzo e comunicata al competente Servizio Regionale. Stabilisce, inoltre, che nel caso in cui il dato della potenza efficiente risulti inferiore alla potenza nominale nulla è dovuto al concessionario a titolo di rimborso. E’ previsto che, in caso di mancata comunicazione della potenza efficiente, il canone dovuto sia triplicato rispetto al canone dovuto calcolato sulla potenza nominale media di concessione. Tale ultima previsione è analoga a quella contenuta all’art. 12, comma 1-quinquies, l.r. 25/2011 (introdotto dall’art. 1, c. 2, lr. 36/2015) e abrogato dalla lettera e). La lettera d) stabilisce che il termine previsto dalla lettera precedente è stabilito, per l’anno 2016, al 31 maggio 2016.
RIPRODOTTE NORME IN PRECEDENZA IMPUGNATE DAL GOVERNO. Le norme appena descritte sostanzialmente riproducono disposizioni precedentemente contenute nella legge regionale n. 5/2016 e n. 36/2015, entrambe oggetto di impugnativa da parte del Governo, e presentano i medesimi profili di illegittimità costituzionale.
La disposizione censurata, introduce una “nuova” definizione di potenza efficiente sostanzialmente equivalente a quella contenuta nelle leggi regionali n. 5/2016 e 36/2015, oggetto di precedenti impugnative davanti alla Corte costituzionale, e interviene nuovamente sul criterio per la determinazione dell'entità del canone già oggetto dell'art. 1, comma 2, lett. b) della legge n. 36 del 2015 e dell’art. 11, comma 6, della l.r. n. 5/2016.
L'art. 1 coma 2, lett. b) della legge n. 36 del 2015 definiva la "potenza elettrica efficiente", sulla base della quale calcolare l'entità del canone idroelettrico, come la massima potenza elettrica con riferimento alla potenza attiva comunque realizzabile dall’impianto durante un intervallo di tempo di funzionamento pari a quattro ore supponendo le parti dell'impianto in funzione in piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata e di salto (art. 1, comma 2, lett. b).
Il riferimento alla "potenza efficiente" era già previsto con rinvio alla definizione del GSE (Gestione Servizi Energetici), dall'art 16 della legge regionale 10 gennaio 2012 n. 1 che ha superato il vaglio di costituzionalità avendo la Corte Costituzionale rilevato che non veniva dimostrato “come il riferimento alla potenza efficiente influisca sui costi e quale sia il «verso economico» di tale effetto” (sentenza n. 85 del 2014). L’articolo 16, aveva introdotto modifiche alla legge regionale n. 25 del 3 agosto 2011 (in materia di proventi relativi alle utenza pubbliche) prevedendo l'aumento da 27.50 € a 35.00 € del valore unitario del canone e, per quel che qui interessa, stabilendo come parametro di riferimento non più la potenza nominale concessa o riconosciuta, bensì la potenza efficiente riportata nei rapporti annuali dell’anno precedente dal GSE parte, questa, che veniva poi soppressa dall'art 1, comma 2, lett. a) della citata legge regionale n. 36/2015.
L’art. 11 comma 6, lett. b) della legge 5/2016, rinviando alla definizione ufficiale utilizzata dal GSE e dall’Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas, ha solo apparentemente modificato la legge 36/2015 perpetuando la medesima illegittimità già riscontrata ed evidenziata con il ricorso avverso la suddetta legge. Ed invero, la definizione che GSE e AEEG adottano dal 2014, ai sensi della delibera AEEG 179/2014/R/EFR, è la stessa presente nella legge regionale del 2015 “potenza efficiente o massima potenza elettrica di un impianto di produzione di (una sezione) è la massima potenza elettrica, con riferimento esclusivo alla massima potenza attiva che può essere prodotta con continuità durante un dato intervallo di tempo sufficientemente lungo di funzionamento (almeno quattro ore per gli impianti idroelettrici) supponendo tutte le parti dell’impianto in funzione in piena efficienza di portata e di salto nel caso degli impianti idroelettrici”.
Anche le modifiche apportate dalla legge regionale n. 11/2016, così come le precedenti contenute nella l.r. n. 5/2016, non mutano la sostanza di quanto già previsto nella legge n. 36/2015.
La disposizione contenuta all’articolo 1 della l.r. n. 11/2016, infatti, si differenzia dalle precedenti norme oggetto di impugnativa in quanto espunge il rinvio alla definizione del GSE, mantenendo quella all’AEEG, e in quanto fa riferimento alla potenza elettrica efficiente netta. Quest’ultima va individuata nella potenza efficiente misurata all’uscita dell’impianto, al netto cioè della potenza assorbita dai servizi ausiliari dell’impianto e delle perdite nei trasformatori dell’impianto . Il valore che ne risulta, si discosta dalla potenza efficiente lorda di pochi punti percentuali.
Pertanto, rispetto alle precedenti definizioni, si ha uno scostamento del parametro assolutamente marginale, con la conseguenza che la determinazione del canone è sostanzialmente identica a quella calcolata sulla base delle previsioni normative già impugnate. Anche in questo caso, la determinazione si fonda inoltre sulla potenza di targa della macchina e non sulla potenza nominale media di concessione e comporta i medesimi negativi effetti discriminatori e anticoncorrenziali sugli operatori idroelettrici già denunciati in precedenza.
L’abrogazione dell’art. 11, comma 6, della l.r. n. 5/2016, da parte dell’articolo 1, comma 3, della l.r. n. 11/2016, e la contestuale riproduzione dell’analogo contenuto nella norma oggetto della presenta impugnativa, appare una reiterazione del tentativo della Regione Abruzzo di eludere la definizione del giudizio instaurate con i ricorsi avverso le leggi regionali n. 36/2015 e n. 5/2016.
L'ULTIMO INTERVENTO LEGISLATIVO NON MODIFICA NELLA SOSTANZA I TERMINI DELLA QUESTIONE. Atteso che, come più sopra illustrato, l'ultimo intervento legislativo è solo apparentemente modificativo dei termini della questione che rimangono invece nella sostanza invariati, si richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 2009 che conferma il pregresso orientamento secondo cui «il principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione non tollera che, attraverso l’uso distorto della potestà legislativa, uno dei contendenti possa introdurre una proposizione normativa di “contenuto” equivalente a quella impugnata e nel contempo sottrarla al già istaurato giudizio di legittimità costituzionale. Si impone pertanto, in simili casi, il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da una atto legislativo diverso da quello di impugnazione, sopravvive nel suo immutato contenuto precettivo (sentenze nn. 168/2008 e 533/2002). ».
Tale orientamento è confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 249 del 2014 relativa ad una legge della stessa Regione Abruzzo, nella quale si stabilisce inoltre che «Poiché nella specie, ricorrono (tali condizioni - avendo, come si è detto, la Regione sostituito testo originario con una variante avente analogo contenuto lesivo del precetto comunitario - le censure proposte in riferimento, all’art. 38 della legge regione Abruzzo n. 55 del 2013 debbono ritenersi trasferite al nuovo testo, con la conseguente pronuncia di illegittimità costituzionale dell’art. 7 della legge della Regione Abruzzo n. 14 del 2014 per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. ».
In conclusione, si ribadisce che la disposizione incide fortemente sulla capacità di operare in pari condizioni sul mercato unico dell’energia elettrica, perché le imprese operanti in Abruzzo, gravate di un canone maggiore andrebbero a competere con analoghi impianti che avendo, invece, un canone molto più basso sono in grado di offrire sul mercato dell’energia prezzi più bassi di quelli degli impianti abruzzesi.
Per le ragioni esposte, l’articolo 1, comma 1, lettere a), b) e c) contrasta con i principi in materia di tutela della concorrenza contenuti all’art. 37, comma 7, del d.l. 83/2012 e conseguentemente viola l’articolo 117, comma 2, lettera e) della Costituzione”.